06 Giu

L’infiltrato di Dio tra i giovani

La storia di Matteo, un giovane brindisino in cammino verso il riconoscimento della santità

“Spero di riuscire a conservare la gioia che ho adesso e donarla a chi ne ha bisogno. Più gioia diamo, più gli altri sono felici. Più gli altri sono felici più siamo felici noi”. La felicità è il nucleo essenziale della vita di ciascuno di noi. Una felicità sempre ricercata, donata, il cui desiderio non può estinguersi neanche in mezzo alle fatiche e alle sofferenze. Lo aveva capito molto bene Matteo che, nella sua breve ed intensa esistenza, ha fatto della gioia il nutrimento di ogni suo giorno, anche quando ha dovuto affrontare quell’avventura “che cambia la vita”, come la descrive nel suo diario, la malattia che l’ha portato a morire a soli diciannove anni.

Ma qual è il segreto della sua gioia? Matteo è stato un figlio, un fratello, uno studente, un amico, un fidanzato, un giovane come tanti altri della sua età, ma, al tempo stesso, chi lo ha conosciuto afferma con disarmante semplicità che egli ha vissuto con una marcia in più. Ecco il segreto della sua gioia, ecco la sua marcia in più: la forte amicizia con Cristo Signore. Fin dal piccolo ha respirato nella sua famiglia la bellezza della vita cristiana che lo ha portato a inserirsi con entusiasmo nella vita della sua comunità parrocchiale dell’Ave Maris Stella in Brindisi, dove ha ricevuto i sacramenti. Fin da subito ha mostrato interesse per la Parola di Dio. Il suo confessore racconta che dopo ogni confessione chiedeva a Matteo di leggere alcuni capitoli del vangelo come penitenza; e così celebrando il sacramento della riconciliazione egli iniziava a ruminare la Parola, interiorizzandola in scelte di vita. La preghiera quotidiana, soprattutto la recita del Rosario, l’incontro con alcune figure di santi come S. Pio da Pietrelcina, S. Francesco, S. Teresa di Gesù bambino, Suor Faustina Kowalska, il beato Pier Giorgio Frassati, hanno fatto spazio dentro di lui perché il Signore, mediante il suo Spirito, prendesse dimora in lui, tanto da diventare riflesso luminoso della presenza di Dio.

Tutti questi aspetti sono stati come le radici dalle quali Matteo ha attinto la linfa per far germogliare la sua vita cristiana in ogni ambito della sua esistenza, anche e soprattutto durante la terribile malattia che gli è stata diagnosticata all’età di tredici anni. In questo humus di fede egli ha attinto la forza per fare del rapporto con Cristo la misura della sua gioia. L’amore per il Signore ha pervaso ogni suo desiderio e la sua unica preoccupazione si è rivelata essere, ben presto, compiere la volontà di Dio e testimoniare l’amore vitale con cui Dio lo amava: “Sono in mezzo a tanta gente che non crede in te. Perché chiami me a testimoniarti? Ti basta il mio nulla? Quali sono i tuoi progetti per me? Come posso servirti?”.

Ci sono tante angolature dalle quali possiamo guardare alla vita di Matteo e al messaggio che Dio ha voluto lasciarci attraverso di lui. Ne scelgo solo alcune, non per privare chi legge della ricchezza di questo giovane, ma per potervisi maggiormente soffermare e, oserei dire, contemplare.

“Spero che la mia amicizia possa dargli la forza di andare avanti”. Matteo ha sempre dimostrato una quasi innata disponibilità alla cura e all’aiuto verso chi aveva accanto. Queste parole, ad esempio, sono rivolte ad un amico che stava incontrando delle serie difficoltà scolastiche. La sua preoccupazione amorevole per evitare il suo insuccesso scolastico mostra la sua grande sensibilità nei confronti dell’altro. Così come per gli ammalati che ha incontrato mentre era negli ospedali e nella clinica INI in Hannover. Tutti restavano stupiti dalla naturalezza del suo prendersi cura dell’altro che incontrava. Ogni persona gli entrava dentro; il suo sguardo, la sua storia, la sua situazione di sofferenza diventavano parte di sé, terra da bagnare con il balsamo dell’amore fraterno. Fraterno perché irradiante l’amore che lo rendeva fratello di Cristo e figlio dell’unico Padre.

“Spero di riuscire a realizzare la mia missione di infiltrato tra i giovani”. Matteo è stato un giovane cristiano tra giovani. Ha vissuto a pieno l’amicizia, la gioia di divertirsi, di coltivare le proprie passioni come quella della musica, la bellezza dell’innamoramento e del fidanzamento. Tutto però centrato su Cristo. Vivendo la sua vita normale ne ha fatto qualcosa di speciale proprio perché in filigrana, nella sua vita si poteva osservare la vita di Cristo. Sapeva sempre dare una parola di consiglio, di conforto, instaurare una comunicazione profonda, invitare alla preghiera e all’eucaristia prima di uscire: i suoi amici gli sono grati per come è stato amico tra loro, tanto da soprannominarlo simpaticamente moralizzatore. Matteo viveva il suo stare con i coetanei come una missione, la sua missione, un infiltrato di Dio tra loro. Tante volte si è chiesto dov’è Dio per i giovani. “Nessuno si ferma un attimo a riflettere sulla spiritualità della propria esistenza. […] parliamone, insieme, con la semplicità di noi giovani, con un linguaggio privo di ricercatezza, ma ricco di sostanza”. Di qui l’impegno nella testimonianza, con la ferma convinzione che “solo un giovane possa riuscire a parlare ad un altro giovane, o comunque possa fare meglio di un adulto”.

“Vorresti gridare al mondo che faresti tutto per il tuo Salvatore, che sei pronto a soffrire e a morire per lui”. La malattia si affaccia presto nella vita di Matteo. Sembra che la sua giovanissima vita lo abbia preparato ad affrontare questo momento, si da farlo diventare l’apice della sua capacità di amore di Dio e del prossimo. Si, perché la sofferenza o ti chiude nel più totale egoismo o ti apre all’amore più puro. E così è stato per Matteo. I piccoli gesti di cura, la fede vissuta in famiglia, la preghiera che gli ha allargato il cuore hanno fatto risplendere in questo momento così doloroso l’autenticità profonda della sua vita cristiana. Senza eludere il dolore e la sofferenza egli ha saputo affrontare ogni cosa con il sorriso, dando speranza e gioia a chi aveva accanto, offrendo tutto a Dio.

Non si è santi perché si è eroi. Si è santi perché si compie ogni piccolo gesto con la certezza della presenza di Dio, scegliendo di amare come lui ci ama. Questo è accaduto alla vita di Matteo. Questo ci auguriamo accada alla vita di tanti giovani che potranno incontralo se il Signore concederà alla Chiesa di Brindisi-Ostuni di annoverarlo tra i santi. Un santo giovane per parlare ai giovani di oggi. Così, il desiderio e la missione di Matteo potranno realizzarsi fino alla fine dei tempi: essere un infiltrato di Dio tra i giovani.

Don Giorgio Nacci

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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