26 Nov

SOLENNITA’ DI CRISTO RE

(XXXIV Domenica A)

Mt. 25, 31-46

Celebriamo oggi l’ultima domenica dell’Anno liturgico, chiamata solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, re dell’universo. Dato che l’anno liturgico rappresenta la nostra vita in miniatura, questa esperienza ci ricorda, e ancora prima ci educa, al fatto che siamo in cammino verso l’incontro con Gesù, Sposo, quando Egli verrà quale Re e Signore della vita e della storia. Stiamo parlando della sua seconda venuta. La prima è nell’umiltà di un Bimbo deposto in una mangiatoia (Lc 2,7); la seconda è quando tornerà nella gloria, alla fine della storia. Ma c’è anche una venuta intermedia, quella che stiamo vivendo noi oggi, in cui Gesù si presenta a noi nella Grazia dei suoi Sacramenti e nel volto di ogni “piccolo” del vangelo. E lungo questo cammino, la liturgia si offre a noi quale scuola di vita per educarci a riconoscere il Signore presente nella vita quotidiana e prepararci per l’ultima sua venuta.

 “Venite benedetti…Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli”. Benedizione e maledizione non sono decisioni, una “presa d’atto” del Re, il quale non fa che “fare i conti”, non fa che svelare  quanto ciascuno è stato e ha fatto;  quanto ci si è presi cura del fratello. Lui c’è. Ma dov’è? Come riconoscerlo presente e attivo nella nostra vita? Per trovarlo è necessario seguire i passi di Gesù, coltivare i suoi sentimenti, che spesso non sono i nostri.

La cosa che oggi colpisce dai testi ascoltati, è che l’esame ultimo verte sull’amore, sulla concretezza della vita, a partire dai suoi gesti più semplici, ordinari: avevo fame, avevo sete…Non gesti eroici, quindi, non gesti estranei alla vita di tutti i giorni e neppure gesti eclatanti.

Una cosa sorprende: nei “sei” gesti ricordati da Gesù, non c’è nessun gesto religioso o sacro, come lo intendiamo noi. Paiono tutti gesti “laici”, fatti per strada, in casa, dove capita, dove c’è bisogno, ma in realtà “non c’è più nulla di profano, che stia davanti o fuori del tempio, perché tutta la realtà è il grande tempio di Dio: nulla è profano e tutto è “sacro”, perché tutto è in funzione di Gesù” (L. Giussani). Questo è il culto bello reso a Dio.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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