02 Mag

Matteo Farina ai microfoni di Radio Maria

Sono lieto di presentare ai microfoni di Radio Maria la vita del servo di Dio Matteo Farina. Un giovane innamorato del Vangelo e della vita, animato dall’ansia della costante ricerca della volontà di Dio e di diffondere il Regno di Dio tra i suoi coetanei.

La vita terrena di Matteo è giunta al suo compimento nel 2009 all’età di diciannove anni circa. Giovane solare, brillante nello studio, appassionato di chimica (vedeva nell’atomo la prova dell’esistenza di Dio), amante dello sport e della musica, giovane dotato di uno spiccato senso dell’umorismo, capace di vere e autentiche relazioni amicali, ha vissuto anche l’esperienza del fidanzamento. Dalla sua morte si è sparso potentemente il dolce profumo di Cristo che già egli effondeva nella sua vita; questo profumo, che noi chiamiamo comunemente, fama di santità ha spinto l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni nel 2015 a prendere seriamente in considerazione la sua vita, i suoi scritti e i segni della sua intercessione delegandomi questo onorevole servizio.

Il giovane Matteo ha trascorso interamente la sua vita nella città di Brindisi, circondato dall’amore della sua famiglia, di numerosi amici e dell’ambiente parrocchiale dove ha vissuto una intensa vita sacramentale, coltivando con i frati cappuccini che reggono la parrocchia dei rapporti molto profondi.

Certo che la vita degli amici di Gesù è il migliore commento alla Parola di Dio, vi presenterò la sua vicenda terrena scorrendo le beatitudini presenti nel discorso della montagna, la carta magna del cristiano.

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli».

Chi sono i poveri in spirito? Sono coloro che si fidano totalmente di Dio e ripongono la loro esistenza completamente nelle sue mani, certi che egli è un padre provvidente e che non farà mai mancare nulla a coloro che hanno fatto di lui il motivo della propria esistenza. Matteo ha vissuto questa povertà comprendendo che nella vita nulla va trattenuto per se stessi e che tutto deve essere oggetto di condivisione, vincendo la tentazione di dover trattenere per se stessi nel timore di un futuro incerto. Così Matteo nel Natale del 2004 invita i suoi familiari a scambiarsi dei doni simbolici e di condividere con i poveri quanto si sarebbe speso per dei regali più significativi. Egli spiega questa sua proposta con una lettera che indirizza ai suoi familiari dove scrive: «Conosco certamente le nostre capacità economiche e capite chiaramente che non è tanto importante la somma di denaro data in beneficenza. La cosa più bella è il gesto: privarci di un bene superfluo per “dare la vita” a chi non ha neanche una casa. È d’obbligo a questo punto ringraziare il Signore per tutto ciò che ci ha dato: una bellissima famiglia, una casa accogliente, calda e piena d’amore, la FEDE e la vita. Aiutare gli altri non significa però che debba mancare quest’anno la felicità. Sono certamente sicuro di avervi trascinato, anche malvolentieri, a fare quest’offerta, ma sono convinto che tutti quanti, avendo ascoltato i motivi da me precedentemente posti a favore, siate concordi con me nell’affermare che è stato un bel modo di VIVERE diversamente il Natale». A questo si aggiunge un episodio molto significativo della sua vita narrato dalla postulatrice della Causa, la dottoressa Francesca Consolini, nella biografia Matteo Farina, Semplici come Dio ci vuole, edita dalla Velar, riguardante il dono di un telefono cellulare da padre a Matteo: Non gli interessano i telefonini di ultimo grido, nemmeno quando, date le sue condizioni di salute, potrebbero essergli utili in caso di emergenza. Il papà gliene aveva regalato uno proprio con questa buona intenzione; ma capì al volo che Matteo non condivideva l’iniziativa e cambiò il telefono nuovo con un modello meno moderno e meno caro: “Matteo, era di nuovo sereno, notai che in mano aveva una busta, pensai fosse un regalo ricevuto dai nonni, mi chiese quanto avevo risparmiato seguendo le sue richieste, risposi circa 200 euro, ‘Bene papà questa mattina hai deciso di spendere questa cifra importante per me, e te ne sono grato, ora ti chiedo visto che ormai avevi speso quella somma, di fare contento Gesù e di metterla da parte in questa busta dove raccolgo quanto possibile per le missioni francescane in Africa che consegno ogni anno a Padre Benito’. Appresa la lezione, misi subito i soldi nella busta, eravamo entrambi soddisfatti; Matteo abbracciandomi aggiunse: Per oggi abbiamo fatto il nostro dovere di cristiani”.

«Beati gli afflitti, perché siano consolati».

Il Cardinale Carlo Maria Martini, commentando questa beatitudine afferma: “A me pare che, questa che riguarda gli afflitti, sia una beatitudine da prendere in senso vasto: beati coloro che si rammaricano per il fatto che Dio non è amato, per il fatto che l’Amore non è amato; coloro che sanno piangere, come Gesù di fronte a Gerusalemme, sui mali del mondo e sui mali della propria anima. Chi vive questa afflizione compie opera di misericordia e riceve consolazione”. Matteo dall’età di tredici anni era affetto da un tumore cerebrale a motivo del quale è stato sottoposto a diversi e significativi interventi chirurgici e che poi ne è stato causa della sua morte, ma la sua più grande afflizione non dipendeva dalla sua patologia quanto dalla lontananza dei giovani da Dio. A tal proposito ha scritto 2005: «No, no, le preghiere no! “No, no, le preghiere no!” È stata questa la risposta di un mio compagno di classe quando la professoressa, scherzando ha detto: “…fai le preghiere e poi a letto…” (non ricordo in quale contesto). È stato un grande dispiacere per me, perché ho sentito quella risposta secca, una difesa.  Ma da cosa? Abbiamo approfondito proprio l’argomento “credere” nella scorsa lezione di religione. Mi è piaciuto molto il discorso che il professore … ha rivolto a questo mio compagno che, come molti ragazzi, ha perso o va perdendo la Fede trovando risposte solo nella scienza. Vorrei allora porre una domanda: perché tanta difficoltà a credere in Dio, un Dio buono, quando poi si crede nel fumo, nella droga, nel bullismo, tutti “dei” che vanno contro l’amore e quindi contro la nostra salute materiale e spirituale. È certo che il demonio si mette sempre in mezzo nei rapporti tra Dio e gli uomini, e credo che, per quanto riguarda il mondo dei giovani, egli si nasconda proprio in questi “dei”, questi che fanno credere ai ragazzi di essere grandi, ma che invece sono deleteri. Sto cercando man mano di comprendere il mondo di noi giovani, sfruttando la possibilità del contatto diretto, per capire cosa spinge i ragazzi a fuggire Dio e a compiere determinate azioni. Un primo profilo che vado delineando è quello di una grande debolezza della gioventù, che vede in gesti come uso di droga, fumo, ecc. una difesa, dovuta alla difficoltà di andare contro corrente, e soprattutto l’attenzione che spesso non si riceve dai genitori; ed è proprio questa mancanza di attenzione da parte degli adulti che spinge ancora di più i ragazzi a fuggire da Dio, sentendo la religione come un semplice rito senza scopo, poiché non si è ricevuto l’insegnamento o comunque la spiegazione per riti talmente importanti. Concludo col dire che non si può quindi dare la colpa ai ragazzi, ma la cosa più importante è che la Fede non va tenuta dentro, ma bisogna esternarla agli altri; è nostro dovere non obbligare a credere, ma indurre alla conoscenza di Dio. Per quanto mi riguarda spero di riuscire a realizzare la mia missione di “Infiltrato” tra i giovani, parlando loro di Dio (illuminato proprio da Lui), perché credo che solo un giovane possa riuscire a parlare ad un altro giovane, o comunque possa farlo meglio di un adulto. Medito…e intanto osservo chi mi sta intorno, per entrare tra loro silenzioso come un virus e contagiarli di una malattia senza cura, l’amore! Sono il tuo servo Signore, fa di me ciò che vuoi». Inoltre la postularice racconta, nella già citata biografia che Matteo: “invitava i suoi amici più stretti a Messa, telefonando loro o mandando messaggi la domenica”.

«Beati i miti, perché avranno in eredità la terra».

Chi sono i miti di cui parlano le beatitudini? Sono coloro che non si fanno giustizia da soli, ma rimettono la loro causa in Dio. Sono coloro che sono in grado di porgere l’altra guancia, di lasciare anche la tunica a chi chiede il mantello, di percorrere due miglia con chi costringe di percorrerne uno. A tal proposito è illuminante questo episodio della vita di Matteo. Da bambino giocando un suo cugino questi chiuse la mamma di Matteo fuori al balcone. La responsabilità dell’azione fu attribuita a lui che non si giustificò per non mettere in cattiva luce e incassò un grave rimprovero dal papà.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati».

Cosa è questa fame e sete di giustizia? È la ricerca della volontà di Dio. Matteo ha sentito forti i morsi di questa fame e l’arsura di questa sete. Così egli scrive: «Perché mi hai scelto? Perché la fede e tutti i Tuoi doni? Chi sono io per meritare questo? Sono un servo inutile. Ma non è questa la domanda giusta. Chi sei Tu? Chi sei Tu per accontentarti di me? Quanto è grande il tuo amore se nonostante i miei peccati mi scegli come tuo servo? Perché me e non altri? Vorrei immergermi nel tuo amore mio Dio, per poter vedere il mondo come lo vedi tu, anche per poco, per capire come fai a vincere tutto con l’amore. Sono in mezzo a tanta gente che non crede in Te. Perché chiami me a testimoniarti? Ti basta il mio nulla? Quali sono i tuoi progetti per me? Come posso servirti? E’ difficile vivere nel mondo quando la fede ci dice che non siamo del mondo. Ma se me lo chiedi, se è per questo che mi hai voluto, non è impossibile. Conosci i miei limiti, meglio di me. Mio Dio ho due mani, fa che una sia sempre stretta a te sicché in qualunque prova io non possa mai allontanarmi da te, ma stringerti sempre più; e l’altra mano, ti prego, se è tua volontà, lasciala cadere nel mondo… perché come io ho conosciuto te per mezzo di altri così anche chi non crede possa conoscerti attraverso me. Voglio essere uno specchio, il più limpido possibile, e, se è la tua volontà, riflettere la Tua luce nel cuore di ogni uomo. Grazie, per la vita. Grazie, per la fede. Grazie, per l’amore. Sono tuo».

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Come un giovane ha potuto incarnare la misericordia ed essere segno della misericordia di Dio? Matteo ha compiuto numerose opere di misericordia corporali e spirituali. Innanzitutto nutrendo un profondo senso di amicizia e interessandosi dei suoi compagni di scuola ascoltandoli, prendendo le loro difese quando erano emarginati dal gruppo e quando versavano in difficoltà in alcune materie. In alcuni suoi appunti ha annotato: «Mi preoccupo però per un mio compagno di classe: ha studiato poco e niente, si comporta spesso male ed ha dei voti bassissimi. Per me sarebbe una grande sofferenza non averlo in terza, come spezzare ad un cavallo una zampa: esso continuerà a vivere, ma non potrà più continuare a percorrere la strada della sua vita galoppando felice. È una situazione grave la sua, ormai è rimasto pochissimo tempo, ma spero che la mia amicizia possa dargli la forza di andare avanti e superare quest’ultimo tratto di scuola. Spero di poterlo incontrare questa estate per complimentarmi con lui per il passo da gigante che ha fatto, di poterlo guardare e dirgli: “sono fiero di un amico così!”. Spero di averlo ancora accanto l’anno prossimo ed andare avanti sempre insieme come una cosa sola, come la testa non può vivere senza il corpo ed il corpo senza la testa».

«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio».

Il cuore, afferma Angelico Poppi, nella Bibbia indica il centro della persona, la profondità dell’io, l’intimo della coscienza, dove affondano le radici della vita religiosa autentica. Matteo in tenera età sognò san Pio da Pietrelcina che gli rivolse queste parole: «Se sei riuscito a capire che chi è senza peccato è felice devi farlo capire agli altri in modo che potremo andare tutti insieme, felici, nel regno dei cieli». Questo sogno segnerà profondamente la vita del bambino prima e del giovane poi, portandolo ad accostarsi settimanalmente al sacramento della riconciliazione per conservare pura la sua coscienza tenendo così monitorata la sua vita interiore. Matteo, come racconta la postulatrice nella biografia già citata, ha avuto un padre spirituale: padre Antonino Colasanti che lo ha guidato nella radicalità della sequela di Cristo e a una intensissima vita sacramentale.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».

La beatitudine fa riferimento a quelli, che come diceva don Tonino Bello, sono costruttori di pace. A tal proposito è molto interessante una lettera che Matteo indirizza alla famiglia. «Riflettendo con la mente, non tanto riesco a capire perché ho deciso di scrivere, riflettendo col cuore dico che è lo Spirito Santo che ha bussato alla porta del mio cuore chiedendomi una mano per scrivere e per parlarci. Più che sforzarmi a pensare cosa dire infatti, cerco di lasciare fare a Lui e di stare attento nel seguire il discorso. Come quello che abbiamo tenuto a pranzo, forse proprio il continuo di quest’ultimo, finito a mio parere un po’ bruscamente. Ogni giorno vediamo intorno a noi famiglie e amici che per colpa del Maledetto demonio si separano dopo stupidi e inutili litigi. È bello invece costruire insieme discorsi volti a migliorare la nostra unione, in cui tutti ascoltano e tutti espongono la propria opinione con umiltà, senza lanciare soltanto frasi fatte, utili ad accendere una vena di litigio, senza chiudersi nella propria opinione con testardaggine, chiudendo così la possibilità di rinforzare la nostra famiglia. Il demonio si diverte! Proprio la Madonnina ha detto che è importante la preghiera in famiglia e quindi l’unione. Dio ci ha creati famiglia e tali dobbiamo crescere; il miglior modo per farlo non è fuggire davanti, ma è affrontarli e superarli, in modo che l’ostacolo sia superato. È proprio come con il peccato: ogni vittoria sul peccato è un gradino verso Dio (P. Pio). E noi verso Dio ci dobbiamo andare insieme, per mano; perché quando cade uno tutti gli altri lo carichino sulle spalle finché non si riprende. Dobbiamo ringraziare il Signore ogni giorno per la splendida famiglia che abbiamo, che ci ha donato e che protegge ogni giorno. Ne abbiamo passate tante, belle e brutte, eppure siamo sempre insieme. Allora? Secondo voi perché? Perché Dio Uno e Trino è sempre con noi e ci guida, affiancandoci anche la madre sua e nostra Maria, P. Pio e tutti gli angeli ed i Santi. Riprendo ancora l’argomento del fuggire, dell’inutilità di questo gesto. Se corriamo via dai problemi è come curare un’influenza con gocce per il naso: potremo star bene per poco, ma non guariremo mai! Lottiamo insieme invece, noi 4, con Dio, in Dio e per Dio; ognuno con i suoi pregi e difetti. Perché dove manca uno l’altro riuscirà a compensare e tenendo sempre Gesù Cristo come esempio potremo cercare di assomigliargli sempre più. Dobbiamo lottare insieme, perché una goccia che se ne sta per conto suo non spegnerà mai l’incendio, ma un bel secchio d’acqua, magari ricco di una schiuma d’amore che è la nostra unione in Dio riuscirà, con l’aiuto del Signore e con la costanza della preghiera comunitaria, a spegnere con dolcezza qualunque fuoco, permettendoci così di avanzare insieme verso Dio. Concludo invitando tutti noi a intraprendere con dolcezza discorsi costruttivi, soprattutto, a pregare insieme il più possibile. Che ne dite di scambiarci la pace e perdonarci con un bell’abbraccio? INSIEME. VI VOGLIO ».

«Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi a per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi».  

Come dicevamo in precedenza la giustizia è la ricerca della volontà di Dio e di restare fedeli al Signore nelle avversità e prove della vita. Matteo non è morto in odium fidei ma anche lui ha dato la sua bella testimonianza di fede a motivo della quale non sono mancate difficoltà da affrontare. Ad esempio la postulatrice riporta nella biografia di Matteo questo racconto di una amica: «Mi ricordo bene i momenti durante i canti: io cercavo di guardarlo di nascosto, perché lui cantava a piena voce, con il cuore e lo sguardo dritto, mentre io mi imbarazzavo e vedendolo pensavo che in fin dei conti non c’era niente di male nel cantare in chiesa durante la Messa. Ammetto però che delle volte, se ero in compagnia, facendomi prendere dall’insicurezza e da attimi infantili, io e una mia amica ci scambiavamo occhiatine e risatine. Ovviamente non vado fiera di certi atteggiamenti che ho potuto avere nei suoi confronti, ma lui non dava peso a queste cose e ci parlava e questo faceva intendere quanto fosse maturo e buono». E Matteo nel 2006 scrive: Quanto è duro essere Cristiani ogni giorno, farsi valere in una società ormai agnostica. È molto difficile, infatti, essere accettati dagli altri quando si è seguaci di Cristo, perché la Sua parola risulta scomoda a chi preferisce il peccato, come è fastidiosa la luce per chi è stato a lungo tempo al buio. Per quanto riguarda la mia esperienza di ragazzo risulta difficile, ad esempio, stringere delle amicizie. I pochi amici che ho sono tutti, o quasi, delle scuole medie. Forse per interessi diversi o a causa di un diverso punto di vista nella vita, ma posso affermare con certezza di non aver stretto nessuna amicizia fraterna in questo biennio. Non che non mi trovi bene con i miei compagni, ma credo che nessuno di loro mi sarà al fianco nei prossimi anni; certo, se ci incontreremo ci saluteremo con gioia, ma non credo ci sarà proprio un grande legame. È vero, io sto cambiando scuola, ed il fatto che non ci vedremo più ogni giorno influirà in questa situazione. A questo punto, viste le premesse, si potrebbe pensare che il Cristianesimo sia una religione che ti isola dalla società, ma chiarisco subito ogni dubbio. Cristo Gesù non è che non vuole l’amicizia, anzi, ma c’è da fare una distinzione tra quest’ultima e l’amore. L’amore bisogna provarlo ogni giorno, verso Dio e verso il prossimo (se vogliamo essere seguaci di Cristo), specialmente verso coloro che ci stanno più “antipatici” o coloro che ci fanno “alterare”. L’amicizia, invece, è un sentimento che và coltivato e che deve nascere spontaneamente, perché l’amico vero è difficile da trovare, ma “chi trova un amico trova un tesoro”. Non colpevolizzo quindi chi mi è vicino e non riesce ad essere mio amico.  Concludendo quindi è si difficile essere Cristiano e quindi farsi degli amici (a volte per sostenere la propria fede si possono anche spezzare delle amicizie), ma non dobbiamo temere a manifestare la nostra fede. Anche se tutti ci abbandonassero rimarrebbe sempre Lui, il nostro Dio, il nostro Padre celeste, il nostro migliore amico. Dio!».

Con alcuni stralci degli scritti di Matteo e con l’ausilio della biografia della dottoressa Consolini abbiamo letto e commentato le beatitudini. Questa presentazione non esaurisce la profondità e lo spessore della vita di Matteo. Quanti lo desiderano possono approfondire questa bella figura visitando il sito …, o leggendo le biografie che sono state pubblicate: Antonella Calò, il sorriso della fede, profilo biografico e spirituale di Matteo Farina; oppure Francesca Consolini, Matteo Farina, semplici come Dio ci vuole, editrice velar. Presso l’indirizzo mail … si può richiedere il cd rosario. Matteo era molto legato alla pratica del rosario, lo recitava tutti i giorni e portava sempre in tasca la corona. Nell’ultima fase della sua vita non avendo le forse per pregare si registrò mentre recitava il rosario lasciando la pausa dei misteri i modo tale da potersi aiutare a pregare anche quando la malattia non gli avrebbe consentito di farlo nel migliore dei modi.

Ringraziando ancora Radio Maria per avermi invitato a questa trasmissione e voi ascoltatori per la pazienza dell’ascolto vi lascio con un ultimo pensiero di Matteo e con la recita della preghiera per la beatificazione.

«Nella vita bisogna essere forti, cosa che penso di aver fatto (…). Abbattersi non giova a nulla, dobbiamo invece essere felici e dare sempre gioia. Più gioia diamo, più gli altri sono felici. Più glia sono felici, più noi siamo felici».

Santissima Trinità,
sorgente d’ogni luce e d’ogni bene,
che susciti anche nei nostri giorni
modelli sempre nuovi di vita cristiana,
lode e gloria a te
per la limpida testimonianza
del giovane Matteo Farina.

La sua esistenza tutta protesa a te
ci stupisce e ci commuove.
Guardando a lui, ti preghiamo
per la nostra Chiesa diocesana,
per le famiglie, per i giovani.

Aiutaci a camminare nella fede,
nella speranza e nell’amore.
E, se rientra nel tuo volere,
donaci la grazia che ti chiediamo
per sua intercessione…(supplica personale),
così che ancora una volta la tua gloria
si manifesti attraverso i tuoi santi
e sia esaltato il tuo Nome per sempre.

Amen

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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