18 Nov

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

19 novembre 2017

Dal Vangelo secondo Matteo 25, 14-30

“ A chi non ha sarà tolto anche quello che ha”

Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni: A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo la sua capacità di ciascuno, poi partì …… Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro …….. “

La nostra parabola rinvia ad un quadro sociale e culturale ben preciso della Palestina al tempo di Gesù: quello di ricchi signori latifondisti o commercianti, che chiedevano una totale dedizione per gli interessi del padrone ai loro dipendenti.  Il padrone della parabola offre ad essi la possibilità di esprimere le loro capacità, affidando loro le sue ricchezze. Ai servi spetta di cogliere quella opportunità per farla fruttificare.

Con tratti essenziali e precisi Matteo abbozza due diversi modelli di servizio:

  • quello del servo buono e fedele, che guadagna talenti per il suo padrone.
  • Quello di un servo malvagio, che si rifiuta di produrre per il suo signore, motivando con la paure il suo comportamento.

La storia dei servi è ritmata da tre tempi del ricco padrone:

vv.14-15: primo tempo. Si intravede un commerciante su scala internazionale.

vv.16-18:  secondo tempo.Non si dice come il denaro ricevuto sia stato ‘lavorato’ dai tre servi, ma due sono le scelte fatte: una di trafficare il denaro, l’altra di tenerlo inattivo “nascosto in una buca del campo”.

vv.19-28: terzo tempo. Esito duplice dell’operazione di fiducia da parte del padrone verso i servi: l’elogio e il premio per quelli fedeli e la riprovazione del “servo malvagio e pigro”.

La paura di lasciarsi amare, la pigrizia e la tristezza che paralizzano il servo incapace di abbandonarsi allo sguardo d’amore con cui il Signore gli ha affidato ciò che aveva di più prezioso, sono purtroppo il greve respiro e l’orizzonte miope di chi non sa lasciarsi amare.

Siamo di fronte a due tipi, diversi e opposti, di relazione con Dio: il servizio fedele di chi vive disponibile a lui e la ribellione alla sua signoria.

Quello che colpisce, nella dichiarazione del servo ribelle è che egli ignora il fatto di aver ricevuto tutto dal padrone, non solo il talento, ma pure la fiducia nella sua capacità di trafficarlo.

Secondo Ireneo di Lione , il denaro affidato dal padrone ai servi significa il dono della vita dato da Dio agli uomini. Dono che è anche compito e che chiede di non essere sprecato o ignorato, ma accolto con attiva gratitudine.

La parabola dei talenti affidati ai servi perché li facciano fruttificare è, nel vangelo che la liturgia ci presenta oggi, l’immagine della laboriosa vigilanza che deve caratterizzare la vita cristiana. Il Regno di Dio cresce infatti anche grazie alla corresponsabilità dei credenti. Siamo dunque invitati a non sottrarci al rischio della nostra responsabilità.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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