XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo 20, 1-16
“ Sei invidioso perché io sono buono?”
“ Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna……Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: chiama i lavoratori e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi… …Quando arrivarono i primi…anch’essi ricevettero un denaro ciascuno. Nel ritirarlo però mormoravano…… <Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perchè io sono buono? Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi>”.
Il vangelo di oggi ci dice che la salvezza è dono di Dio e a questa egli chiama tutti. Per Lui non valgono i criteri della giustizia che caratterizzano tanti rapporti umani, per Lui valgono i criteri dell’amore misericordioso e disinteressato.
La nostra parabola ha un primo tempo (vv.1-7) caratterizzato dalle scene di assunzione dei braccianti agricoli per il lavoro nella vigna di un proprietario terriero. Cinque sono i momenti successivi di invio al lavoro ma con diverse forme di intesa: c’è un accordo iniziale con gli operai della prima ora ‘per un denaro al giorno’ (v.2), successivamente l’assunzione di altri braccianti è fatta sulla promessa di assegnare loro ‘quello che è giusto’. (v.4).
Il secondo tempo – quello della retribuzione per il lavoro fatto – è presentato in due scene distinte:
- A tutti viene consegnato un denaro, cioè quanto era stato pattuito con i braccianti della prima ora (vv.8-10). Si coglie qui il nuovo criterio di rapporti con gli uomini instaurato da Gesù.
- Segue la scena culminante, in cui il padrone fa conoscere all’operaio contestatore il suo modo di rapportarsi con gli uomini (vv.11-15). La sua domanda “Oppure sei invidioso perché io sono buono ?” (v.15), ci provoca a un vigile esame di coscienza. Sappiamo riconoscere la gratuità e la misericordia di Dio ? Rischiamo anche qui l’atteggiamento del fratello ‘buono’ della parabola del figlio prodigo (cfr.Lc.15, 11-36)!
Bisogna invece andare oltre la mentalità e i criteri del diritto alla ricompensa, nella relazione di fede con Dio! Il vangelo-novità di Gesù non sopporta infatti una mentalità e una religiosità da contrattazione con Dio, anche se dobbiamo riconoscere che un Dio che si comporta come vuole la nostra parabola è difficile da accettare, non solo perché va contro la logica e il buon senso, ma soprattutto perché apparentemente va contro la stessa idea di giustizia.
Dobbiamo coraggiosamente riconoscere che la parabola degli operai della vigna ci scandalizza, ci resta incomprensibile, e che dal profondo ci sale la stessa ‘mormorazione’ degli operai… Nello scandalo degli operai della prima ora dobbiamo riconoscere tutta la distanza che esiste tra il pensare e l’agire di Dio e il pensare e l’agire di noi uomini.
Intendere il proprio servizio a Dio come una prestazione ci porta a misurarlo e confrontarlo con il servizio degli altri, entrando così in una rapporto di competizione. Se invece c’è la relazione col Signore, allora anche il peso del lavoro diviene ‘un giogo soave e leggero’ e la bontà di Dio verso tutti diviene motivo di ringraziamento, non di contestazione.
Per lasciarci sorprendere dal Dio biblico della gratuità dobbiamo assumere ed accettare la radicalità e le asimmetrie delle richieste del vangelo.