XIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Dal Vangelo secondo Matteo 11, 25-30
“Venite a me voi che siete stanchi e oppressi”
“In quel tempo, Gesù disse:”Ti rendo grazie, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli…Venite a me, voi tutti, che sirte stanchi e oppressi, e io vi ristorerò…”
Il nostro brano conclude il capitolo 11 del Vangelo di Matteo. Un capitolo nel quale Gesù fa quasi un bilancio del suo ministero in Galilea, un bilancio apparentemente deludente.
Ma l’invito di Gesù che risuona nel Vangelo di oggi:”Imparate da me che sono mite e umile di cuore”(v.29) ci chiama a vivere la sua libertà attraverso la mitezza e l’umiltà, che rendono dolce e leggera la sequela di Lui, nonostante un peso resti tale e nulla toglie la fatica di portarlo.
A quelli che lo cercano e cominciano a seguirlo, Gesù sta rivelando Dio come Padre suo e di tutti gli uomini.
La nostra pagina evangelica – formulata in maniera solenne, con echi provenienti dall’Antico Testamento- ha il tono di bilancio conclusivo dell’attività di Gesù sulle rive del lago di Galilea. Da essa possiamo scoprire chi sono coloro che lo seguono:
- Sono i piccoli, non certo i ‘sapienti e intelligenti’ secondo i criteri umani e religiosi del suo tempo (v.25). I presunti sapienti ed esperti di Dio in Israele – e di tutti i tempi!- non capiranno mai il mistero del Padre e della relazione esistente tra Lui e Gesù.
- Sono gli stanchi e oppressi da un peso insopportabile, quello di un giogo di leggi e tradizioni che scribi e farisei impongono loro.
In difesa di questi piccoli, affaticati e oppressi, Gesù prende più volte posizione: contro coloro che siedono sulla cattedra di Mosè (cfr. Mt.15,1-11); contro quanti scandalizzano questi piccoli “che credono in me” (cfr. Mt.18,6-10).
La parola del brano del vangelo di Matteo propostoci oggi sembra proprio su misura per suscitare disagio in noi che abitiamo un mondo di saggi e intelligenti.
Ma è ai ‘piccoli’ – ci dice Gesù- che è rivelata una sapienza a cui vorremmo in qualche modo partecipare, per poterci mettere alla sua sequela.
Un cuore umile è orientato a Dio come il girasole al sole. Bisogna essere ‘grandi’ per sapersi piccoli, umili nel cuore . L’umiltà è il primo segno dell’immagine nella quale siamo costituiti, e riguarda anche gli atteggiamenti esterni: su di essi fa leva S.Benedetto quando ne descrive i 12 gradi (R.B.7).
Essere umili è essere veri; l’umiltà è lo specchio della verità della vita, la misura della nostra sincerità con noi stessi e con la realtà che ci circonda.