20 Mar

V Domenica di Quaresima anno B

Gv. 12, 20 – 33

Il discorso di Gesù sull’ ‘ora’ della sua glorificazione si pone nella circostanza concreta del venire di numerosi pellegrini al tempio di Gerusalemme per la Pasqua. Tra loro vi sono dei Greci, ossia dei non giudei che sono dei ‘timorati di Dio’. Si tratta di simpatizzanti per la religione di Israele; essi vogliono ‘vedere Gesù’.

Filippo si fa portavoce di questa richiesta, e coinvolge anche Andrea. Dopo essersi consultati tra loro, essi ne parlano con Gesù.

Le parole di Gesù (vv. 23 ss.) sembrerebbero non rispondere alla richiesta avanzata da Filippo e Andrea a favore dei Greci che vogliono vederlo, ma, a guardare bene, sono invece pertinenti, poiché indicano il vero fondamento sul quale sarà possibile accogliere la richiesta dei Greci, che in ultima istanza è una richiesta di comunione con Lui. E ciò potrà avvenire proprio perché Gesù, come chicco di grano, grazie alla sua morte porterà molto frutto. In  questo frutto abbondante vi è anche la partecipazione delle persone di origine pagana al Regno.

Il discorso di Gesù è costruito in modo concentrico: così, per esempio, all’ ‘ora’ della glorificazione (v.23) corrisponde l’ ‘ora’ dell’anima turbata di Gesù. E’ proprio il tema dell’ ‘ora’ che dà il tono a tutto il discorso.

La sua ‘ora’ dipende dalla volontà del Padre, perché essa è il ‘tempo teologico’ in cui si manifesta la sua presenza in Gesù quale figlio dell’uomo.

Rispondendo a Filippo e ad Andrea, Gesù afferma dunque che è venuta l’ora, e contemporaneamente indica la sua gloria che si manifesta proprio attraverso la morte, che sarà però un fecondo nuovo inizio.

Gesù prosegue approfondendo il significato dell’ ‘ora’ della glorificazione, e lo fa con solennità, come si coglie dal doppio ‘amen’ (“in verità”) che apre il versetto 24: “ In verità, in verità, io vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto”.

L’immagine del chicco di frumento che marcisce nella terra per generare nuove spighe è efficacissima, e rende chiaro il significato del messaggio, che è quello di una morte paradossalmente feconda, condizione necessaria per la vita.

E la legge della fecondità del chicco di grano non vale solo per il Figlio di Dio, ma per ogni credente.

L’affermazione della necessità di odiare la propria vita in questo mondo (v.25) esprime in negativo la legge del seme, che viene poi formulata in modo positivo: “ Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.” (v.26). Il discepolo che entra nella logica del servizio ha capito cosa significhi davvero la sequela e la comunione con Gesù: stare con lui, partecipare alla sua passione, dare alla propria vita la forma del servizio reso a Lui ed ai fratelli, con amore.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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