02 Feb

V Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Dal Vangelo secondo Matteo, Capitolo 5, versetti 13-16

“Voi siete la luce del mondo”

“Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo …  Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini …”.

 Il brano evangelico di oggi segue immediatamente le beatitudini. Nell’ultima beatitudine Matteo era passato dalla terza alla seconda persona (“Beati voi…” vv.11-12), preparando il discorso diretto dei nostri versetti :”Voi siete il sale della terra..” “Voi siete la luce del mondo”.  La chiamata alla fede è chiamata a diventare, a essere luce.

Gesù conosce a fondo il cuore dell’uomo ed è esperto della storia degli uomini: affida all’uomo reso autentico dalle Beatitudini di offrire alla storia il suo vero sapore, di purezza, di valore, di significato, di speranza.

Il sale e la luce erano considerati dagli antichi come realtà essenziali alla vita dell’uomo; nel mondo semita il sale è simbolo di purificazione e consacrazione. Il libro del Levitico (2,13) prescrive il sale nel rituale dei sacrifici: “Dovrai salare ogni tua offerta: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai il sale”. Il sale sancisce un’alleanza: mangiare infatti pane e sale insieme, presso gli orientali, vuol dire appunto stringere un’alleanza.

Ma perché Gesù parla del sale della terra e dice che può perdere il suo sapore, mentre ciò non avviene a livello chimico? E’ solo una metafora per dire che il Regno di Dio deve diventare visibile nelle parole e nell’azione dei discepoli. La felicità che procura l’appartenere al Regno, trasfigura la vita e dà sapore ad ogni realtà umana, se essa viene meno, non può essere sostituita da niente altro, e il discepolo diviene insignificante per gli uomini che lo osservano.

In Gv.18,12 Gesù viene presentato come ‘luce del mondo’: è dunque evidente l’ importanza simbolica del v.14 “Voi siete la luce del mondo” : il compito dei discepoli è un ‘essere per’ il mondo. Se si mimetizzano o si nascondono vengono meno al loro compito, alla loro stessa ragion d’essere. Essi, in quanto hanno scelto di seguire Gesù e di modellare la loro vita sulla sua, devono avere la trasparenza del testimone di fronte alla fonte della Luce, dato che essa deve essere riconosciuta dagli uomini: “Poiché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (v.16).

Leggiamo nella “Lettera a Diogneto”, uno scritto della chiesa apostolica: “I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il paese, né per la lingua, né per il loro modo di vestire. Non abitano in città riservate a loro, il loro genere di vita non ha niente di singolare… Seguono gli usi locali nel loro modo di vivere, e nello stesso tempo testimoniano le leggi straordinarie e veramente paradossali della loro ‘repubblica spirituale’… In una parola, ciò che l’anima è nel corpo, i cristiani lo sono nel mondo”.

La chiesa nel suo insieme è chiamata ad essere luce: è la chiesa come comunione fraterna che risplende dell’amore di Cristo che illumina ogni uomo.

Siamo oggi sollecitati a verificare, come comunità cristiana, se nelle nostre scelte siamo davvero luce e sale per il luogo in cui viviamo, per la gente che ci incontra.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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