Natale del Signore
25 dicembre 2017
Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 1, versetti 1-18
“Il Verbo si è fatto carne”
La liturgia di oggi ci presenta il famosissimo ‘Prologo ‘ del Vangelo di Giovanni, che ci offre una meditazione di fede sulla nascita di Gesù. In esso Giovanni ci invita a contemplare la Parola (da Verbum in latino, Logos in greco), fin dalla sua origine eterna in Dio Padre.
Il personaggio dominante del Prologo è Gesù. La meditazione dell’evangelista Giovanni sul mistero del ‘Logos’ si sviluppa in varie tappe: dalla contemplazione del mistero del Verbo- creatore e salvatore- presso Dio, (vv.1-5), si passa alla proclamazione dello scopo della sua venuta (vv.9-14), per arrivare alla contemplazione della pienezza di vita e di grazia che il ‘Logos’ assicura agli uomini, permettendo a ciascuno di raggiungere la conoscenza di Dio.
Nell’inno vi sono anche due ‘soste’.(vv.6-8.15), nelle quali ci si ferma a meditare sulla funzione del precursore, Giovanni il Battista, al quale il nostro evangelista dà un posto di grande rilievo nel suo vangelo.
“Il Verbo si fece carne” (v.14): il tema centrale del Prologo riguarda il modo sconvolgente del dialogo di Dio con l’uomo, con cui Dio vuole essere luce e vita nostra, e vuole parlarci di sé mediante il Figlio, che è Luce e Vita. La Luce irrompe nelle tenebre (v.9), la storia potrebbe prendere un corso nuovo, invece “i suoi non l’hanno accolto” (v.5). Eppure, Dio per parlarci si è fatto uomo, per salvarci ha mandato nel mondo il Figlio ‘unigenito’, che si è reso solidale con noi, anche con la nostra debolezza. I due termini opposti, l’eterno e il provvisorio, si sono incontrati, e Dio ha assunto la condizione umana. Il termine ‘carne’ sottolinea il realismo della venuta della Parola di Dio in mezzo agli uomini.
La seconda parte del versetto 14: “e venne ad abitare in mezzo a noi”, si potrebbe tradurre in modo letterale così: “e pose la sua tenda in mezzo a noi”. Nell’Antico testamento si era sviluppata tutta una teologia della tenda come segno della presenza invisibile, affascinante e insieme tremenda, di Dio in mezzo al suo popolo. Il senso ultimo della Tenda si compie ora nell’Incarnazione del verbo, che realizza una presenza personale e sensibile di dio tra gli uomini.
L’idea di tenda suggerisce anche la condizione di provvisorietà, precarietà: la nostra vita umana, assunta dal verbo, è come una tenda che si può arrotolare; ebbene. Dio si è fatto come noi, assumendo la condizione della nostra debolezza, facendosi pellegrino con noi, uno di noi!
“Nessuno ha mai visto Dio, ma il figlio lo ha rivelato” (v.18). Gesù è il rivelatore del Padre, il rivelatore in quanto Parola di Dio che si è fatta carne, che ha piantato la sua tenda in mezzo agli uomini. Ma questa Rivelazione trova il suo compimento nel Mistero pasquale, nel quale Dio si rivela definitivamente e pienamente come colui che dona il suo figlio a noi.
L’ultimo versetto del Prologo giovanneo ci dice come Gesù ci ha rivelato il Padre: vivendo realmente da Figlio nella sua concreta umanità, perseverando in quel rapporto unico e indicibile che il Verbo aveva già nell’eternità, prima che il mondo fosse.
Riflettendo su questo mistero inesauribile, così canta il II Prefazio di Natale:” Nel mistero mirabile del Natale egli Verbo invisibile apparve visibilmente nella nostra carne e generato prima dei secoli cominciò ad esistere nel tempo per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta per reintegrare l’universo nel tuo disegno o Padre, e ricondurre a te tutta l’umanità dispersa”.