25 Apr

IV Domenica di Pasqua – Anno B

Gv. 10, 11-18

Il brano evangelico che la liturgia ci propone oggi è la continuazione della parabola del ‘buon pastore’ (Gv. 10, 1-10), dove Gesù si è presentato come il pastore e come la ‘porta’ delle pecore, perché è lui l’accesso alla vita.

Ora il motivo della porta non viene ripreso, ma viene approfondito quello del pastore in vari momenti concatenati tra loro. Il primo presenta il contrasto tra il pastore delle pecore e il salariato, al quale non importa nulla del gregge (vv.11-13); il secondo ci mostra la figura del pastore ‘modello’ (vv.14-16); il terzo momento si concentra sulla relazione tra Gesù-pastore e il Padre (vv.17-18).

Gesù si esprime con la formula di auto rivelazione: “Io sono”. L’ ‘io sono allude alla rivelazione di Dio a Israele. Alla solenne auto proclamazione si aggiunge una specificazione : “Io sono il buon pastore” ( letteralmente: il bel pastore). L’attributo ‘bello’ in Giovanni è riferito esclusivamente a Gesù e alla sua missione tra gli uomini.

E’ poi delineato il contrasto con la figura del mercenario, la cui opera è esattamente il contrario di quella di Gesù. Tale contrasto percorre l’intero IV vangelo, il contrasto cioè tra ‘il principe di questo mondo’ che dà la morte, e l’opera della luce che è vita per gli uomini.

In sintesi, Gesù presentandosi come il ‘bel pastore’ vuole comunicare ai suoi discepoli una verità consolante: come il pastore considera il gregge la sua ricchezza, così essi sono importanti per Lui e per il Padre.

I versetti 14-15 mostrano come tra il pastore e le sue pecore si stabilisce un rapporto personale, una relazione esistenziale (tale è il significato biblico del verbo ‘conoscere’).

Il discorso poi si allarga e l’orizzonte si apre al futuro della comunità cristiana, e, al versetto 16, Gesù fa correre il suo pensiero a pecore che appartengono ad altre esperienze religiose: la sua opera si rivolge anche a loro, perché ci sia ‘un solo gregge con un solo pastore’.

Gli ultimi versetti rappresentano il punto culminante di tutto il brano: “per questo il Padre mi ama: perché do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo” (v.17): nell’affrontare il mistero pasquale il Figlio è spinto unicamente dal suo amore verso la volontà del Padre.

Il nostro brano si chiude con un’espressione solenne: “Questo è il comandamento che ho ricevuto dal Padre mio”. Comandamento significa qui un incarico, una missione. Gesù accetta liberamente questo mandato; allo stesso modo i suoi discepoli accoglieranno l’incarico ricevuto da Gesù e lo attueranno nella loro vita.

section-icon

"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

Invia la tua Testimonianza