02 Mag

IV Domenica di Pasqua – Anno A

03 maggio 2020

Dal Vangelo secondo Giovanni, 10, 1-10

Questa quarta domenica di pasqua ci mostra il Risorto come pastore della chiesa, alla quale indica la via che deve seguire.

L’immagine del rapporto tra il pastore e le pecore è dominante nel nostro brano, ma si sovrappongono ad essa altre immagini ed altri significati. Il nostro testo infatti all’inizio (vv.1-39) si sofferma sul modo con cui ci si deve accostare al gregge: attraverso la porta.

Gesù si autodefinisce ‘porta delle pecore’ (cioè per loro), e non del recinto. Come a dire che la porta che immette nella comunione con Dio non è il Tempio ma lui, il Cristo morto e risorto.

La sezione centrale (vv.4-6), invece, descrive il rapporto che si instaura tra il pastore buono e le pecore. Un rapporto di attenzione e premura da parte del pastore, di ascolto e obbedienza da parte delle pecore. Il compito del pastore è infatti educare alla vera libertà.

La sezione conclusiva (vv.7-10) riprende l’immagine della porta, identificata con Gesù stesso.

Gesù è la porta. Il pastore raggiunge il gregge attraverso di essa. E’ un’affermazione che può sembrare ovvia, ma nella prospettiva di Giovanni questa affermazione vuol evidenziare che fino a quel momento coloro che si son posti alla guida del Popolo di Dio lo hanno fatto come ‘ladri e briganti’.

Gesù è il pastore buono. E’ presentato come modello: egli chiama le pecore una per una e le conduce, cammina davanti a loro. Viene qui sottolineata la conoscenza che il pastore ha delle sue pecore e la sua premura perché vengano condotto al pascolo di vita. Più avanti il nostro testo afferma che il pastore buono è colui che dà la vita per le pecore:”Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (v.11). Nessun pastore, per quanto pieno di zelo, giunge fino ad offrire la sua vita per le pecore. Gesù è il ‘pastore buono’ non perché realizza un modello di pastore accorto e saggio, ma proprio perché supera questo modello. Tutto quello che fa per il gregge è motivato dall’amore e non dall’interesse che può procurargli la cura del gregge.

Il nostro brano si conclude con il contrasto in cui l’evangelista contrappone all’atteggiamento del ladro, quello di Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (v.10).

La vita in abbondanza, di cui fa l’esperienza ogni credente, scaturisce dall’offerta di quel pastore che ha dato la vita per lui.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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