29 Gen

IV DOMENICA A

Mt.5,1-12

Inizia con questa domenica la lettura del discorso della montagna. Questo lungo discorso – che prende tre capitoli del vangelo, dal quinto al settimo – è uno dei cinque discorsi che articolano l’intero testo del Vangelo di Matteo.

Gesù nel vangelo di Matteo non presenta una legge nuova,  piuttosto è descritto come l’interprete che riporta la Torà al suo senso pieno, anche se con caratteristiche di originalità rispetto all’interpretazione giudaica e farisaica corrente. Nella teologia del primo vangelo il maestro non è venuto ad abolire la Torà, non ha una «dottrina nuova» (come invece scrive Mc. 1,27.

La beatitudine  è una dichiarazione di felicità. Questa felicità è un invito a guardare “dentro” o “oltre” quella situazione per scorgervi la presenza del Regno. L’essere poveri o perseguitati – nel senso in cui lo intende Gesù,– che agli occhi del mondo è una realtà solo negativa, è il modo in cui si può sperimentare nell’oggi la salvezza inaugurata da Gesù, che per primo ha vissuto questa e le altre beatitudini che proclama.

Le beatitudini, così, come i «guai» di Lc 6,24-26, rivelano una novità, un modo nuovo di vivere la vita e di pensarla, perché tutto è visto in rapporto a Dio, cioè al suo Regno.

Per Matteo sono «beati», oltre a coloro che sono specificati in questo capitolo – quelli che non si scandalizzano di lui (cfr. 11,6), i discepoli che vedono Gesù e ascoltano le sue parole (cfr. 13,16), Simone per la sua professione di fede cristologica (cfr. 16,17), e infine il servo della parabola che attende il ritorno del suo signore (cfr. 24,46).

La prima beatitudine dell’elenco di Matteo è l’annuncio della felicità ai poveri (v. 3). Rispetto a quella di Lc 6,20, però, in Matteo sono beati i poveri «nello spirito» mentre in Lc 6,20 la povertà in sé è vista come motivo sufficiente di beatitudine. La povertà sembra comunque interessare più Luca, che usa il termine dieci volte contro le cinque di Matteo. Il primo evangelista, piuttosto, generalizza, trasformando le beatitudini – come anche quella sulla povertà – in disposizioni esistenziali, interne, atteggiamenti spirituali adatti a tutti i credenti e praticabili da tutte le categorie.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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