25 Apr

III Domenica del Tempo – Anno A

26 aprile 2020

Dal vangelo secondo Luca 24,13-35

Il racconto dei discepoli di Emmaus fa parte del trittico della apparizioni che Luca pone alla fine del suo vangelo: l’evangelista offre una progressione delle manifestazioni del risorto, in cui Emmaus è la scena centrale, preceduta dall’apparizione alle donne e seguita dall’apparizione agli undici.

La prima parte del racconto (vv.13-24) descrive  il progressivo allontanarsi dei due discepoli da Gerusalemme, in un cammino che è segno di una profonda crisi di fede.

Il cammino di riavvicinamento inizierà proprio- grazie all’intervento di Gesù-  da quella Scrittura che i due discepoli non avevano saputo leggere. Luca nota che “cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (v.27).

Amarezza e rabbia si erano impadronite dei loro cuori, e Gesù si accosta a loro. Il resoconto che gli fanno è dettagliato: siamo dinnanzi al kerigma della Chiesa, è una sintesi perfetta del primo annuncio. Eppure si allontanano da Gerusalemme: conoscere e saper raccontare non basta, se non segue una visione e un’adesione di fede. Essi sono malati di ‘sclerocardia’ (indurimento del cuore) di cui aveva sofferto tutto Issale.

Gesù  spiega come la Scrittura palasse di Lui. La sua morte e risurrezione non è stata un imprevisto: quanto è avvenuto è stato il compimento di un progetto che ha radici nella rivelazione di Dio e ha trovato attuazione in tutta la Scrittura. Egli è il primo interprete della parola, senza di lui non si comprende nulla, tanto meno la logica della redenzione: “Bisognava che il cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria” (v.26)

Oggi come allora l’itinerario per correre senza indugio a Gerusalemme ad annunciare che Egli è davvero risorto è l’ascolto orante della sua parola e lo spezzare il pane in sua memoria.

La presenza del Risorto è invisibile e silenziosa. Si rende improvvisamente visibile nel volto di un pellegrino che diventa compagno di strada e parla attraverso le parole della Scrittura. Più che uno sconosciuto era un non riconosciuto. Quando lo riconoscono non lo vedono più ma loro stessi divengono missionari del lieto annuncio. E’ questo anche il nostro itinerario e il nostro compito

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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