04 Dic

II Domenica di Avvento – Anno A

Mt. 3, 1-12

In questa seconda domenica di Avvento due figure dominano la liturgia: la prima è “lo Spirito del Signore”  che custodirà il germoglio che nasce dal tronco secco di Davide (Isaia I lettura) la seconda è Giovanni Battista che giganteggia con la sua austerità nel brano evangelico.

Giovanni il battezzatore nei tre vangeli sinottici (Mt. Mc. E Lc) precede Gesù come precursore, come araldo, come amico. Questi Vangeli ne descrivono alcune caratteristiche comuni che sono: il nome, la sua dimore nel deserto, il contenuto della sua predicazione e cioè la confessione dei peccati e la conversione, il bagno rituale nel fiume Giordano.

Al tempo di Gesù erano diffuse forme purificatrici con l’acqua, ma tutte queste forme di lavacro avevano la caratteristica di essere auto-date: ognuno purificava se stesso e si attuavano ogni volta che se ne aveva bisogno. Con il battesimo di penitenza di Giovanni inizia una nuova prospettiva: il battesimo è dato dal ‘battista’ cioè da un inviato, lo si riceve una volta sola e diventa così un impegno per tutta la vita.

Di Giovanni gli evangelisti dicono che è “una voce che grida nel deserto” che è considerato il luogo della non vita. Ma ora la strada è segnata, basta percorrerla predisponendosi interiormente. Il Dio di Gesù, preannunciato da Isaia e proclamato da Giovanni Battista viene per chiunque si pente e si converte.

L’annuncio – invito della conversione percorre tutto il Nuovo Testamento dall’inizio della vita pubblica di Gesù a dopo la risurrezione, dagli Atti degli Apostoli a San Paolo, perché costituisce la chiave di volta dell’incontro tra Dio e ciascuno di noi. Troppo spesso pensiamo che convertirsi riguardi il comportamento o il cambio di atteggiamento. Non è così, perché sarebbe simile a cambiare un vestito. La conversione riguarda il pensiero, cioè le ragioni che fondano la nostra vita e i criteri che usiamo per organizzarla. La conversione è un impegno totalizzante sulla proposta di vita fatta da Dio in Gesù, che diventa il nostro metro e la nostra misura. La prospettiva del Regno di Dio ci obbliga a guardare in avanti, non a ripiegarsi sul passato. Chi si converte ripone in Dio la fiducia della propria salvezza, si fida e si affida a Dio ed è certo di non essere né illuso né deluso.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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