27 Nov

I Domenica di Avvento anno C

All’inizio del tempo di Avvento, il Vangelo ci aiuta ad interpretare i segni di Dio nella nostra storia: ci parla di cose ultime, di vigilanza. Siamo di fronte a due frammenti tratti dall’evangelista Luca. Il primo, dal tono apocalittico si concentra sui segni premonitori della venuta del Figlio dell’uomo (vv. 25-28), mentre il secondo sottolinea l’urgenza della vigilanze e della conversione (vv. 34-36).

Gesù si commuove avvicinandosi a Gerusalemme, mentre annuncia la distruzione non solo del Tempio ma dell’intera città.

Luca utilizza il simbolismo per esprimere, attraverso le immagini, la verità degli eventi: attraverso lo sconvolgimento degli elementi della natura si genera un mondo nuovo.

Pur tenendo presente gli avvenimenti storici della Palestina del suo tempo (la distruzione del Tempio e di Gerusalemme nel 70 d. C.), l’evangelista allarga il discorso e universalizza l’orizzonte del suo messaggio: in questa logica tutto – anche l’angoscia degli uomini –ha un valore positivo e medicinale, in quanto orienta al ravvedimento, alla vigilanza e alla conversione.

Luca (v.26) vuol provocare la conversione piuttosto che offrire notizie sul ‘come’ e sul ‘quando’. Il messaggio globale sembra essere il seguente: la creazione del nuovo mondo implica sofferenza, travaglio doloroso.

L’espressione ‘Figlio dell’uomo’ (v. 27), presa da Dn 7,13:”Ecco  sulle nubi del cielo venire uno simile a un figlio dell’uomo” è usata personalmente da Gesù per parlare di se stesso:  essa lo svela e insieme lo ‘vela’ come l’atteso Messia. ‘Figlio dell’uomo’ infatti può essere interpretato come un figlio dell’umanità, appartenente al genere umano. Solo alla fine ci sarà la piena rivelazione, quando si realizzeranno le catastrofi annunciate, allora ‘vedranno’ il Messia nella sua potenza e nel suo splendore,

Al versetto 28 Luca preferisce parlare di liberazione anziché di raduno, come fa invece Marco.

Nel nostro brano evangelico Gesù si rivolge direttamente ai discepoli – “la vostra liberazione è vicina”. Egli desidera incoraggiare i suoi discepoli in ordine alla liberazione che coinciderà con la fine delle sofferenze di coloro che ne sono ora schiacciati, ma che in quel momento si risolleveranno.

Luca è ben consapevole che al momento in cui scrive il Regno di Dio non si è ancora compiuto, perciò invita i discepoli a mantenere un cuore sobrio, sgombro da ogni zavorra.

L’insistenza sul tema della preghiera (v.36) è tipica del terzo vangelo. Ad immagine del loro Maestro anche i discepoli devono saper cadenzare la loro vita al ritmo della preghiera, che deve diventare una realtà abituale, legata ad ogni momento della vita.

Pregare ci aiuta ad evitare il soffocamento della banalità e del pessimismo. Chiediamoci allora: siamo perennemente in atteggiamento di Avvento, o siamo persone già tranquillamente appagate?

section-icon

"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

Invia la tua Testimonianza