29 Dic

Festa della Santa Famiglia – Anno C

30 dicembre 2018

Dal Vangelo secondo Luca 2,41-52

“ I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza…… Il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero……Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava……Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse:”Figlio, perché ci hai fatto così?……” Egli rispose:”Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”……

Nel contesto del Vangelo dell’infanzia, Luca ci regala questo stupendo quadro familiare. Gesù è presentato nei suoi elementi costitutivi, e cioè membro di una famiglia umana e nello stesso tempo in relazione con il Padre che è nei cieli. L’episodio narrato ha valore di profezia e si proietta verso il futuro. La prima parola di Gesù: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (v.49) getta una luce nuova sul mistero del “figlio-servo”. Questa sua prima parola – data come risposta a chi l’ha cercato e l’ha trovato il terzo giorno, dice il modo in ci Gesù si impegna nella storia degli uomini: il suo è un atteggiamento incondizionatamente filiale. Rivelandoci il suo impegno, la sua sottomissione assoluta nei confronti del Padre, Gesù ci introduce nel cuore del mistero della sua persona, che sfugge alla nostra comprensione: “Ed essi non compresero” (v.50).

Se l’infanzia di Giovanni Battista è contrassegnata dalla crescita, dalla fortificazione nello Spirito e dalla sua dimora nel deserto (Lc.1,80), quella di Gesù è segnata dalla pienezza della sapienza (v.40.52) e dalla presenza su di Lui della grazia di Dio.

Nella scena del ritrovamento al tempio assistiamo ad una manifestazione di sapienza e di grazia.

Il racconto inizia con un atto di obbedienza di Gesù alla Legge, e termina con un gesto di sottomissione di Gesù ai suoi genitori. Il bambino è diventato un uomo: liberamente “discese con loro, e andò a Nazaret, ed era loro sottomesso” (v.51). Tutto l’episodio lascia capire che questa obbedienza è qualcosa di molto più profondo del rispetto e della riverenza di cui ogni giudeo doveva circondare i suoi genitori.

La scelta del tempio come luogo della manifestazione del Figlio è tipicamente lucana: nel tempio deve risplendere la presenza della salvezza divina. In esso ha inizio il vangelo (1,8-9), e Simeone riconosce la salvezza attesa da Israele (2,29-32).

L’insistenza dell’evangelista sulla sapienza di Gesù non deve passare inosservata. Si tratta della sapienza del Figlio che vive nell’intimità del Padre.

L’ultima parola  di Gesù morente, in Luca sarà ancora un abbandono fiducioso al Padre: “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito” (23,36).

La pasqua del capitolo secondo prefigura l’ultima pasqua di Gesù, quella in cui, dopo tre giorni, non ‘trovando’ il corpo del Signore, le donne e i discepoli dovranno arrendersi all’evidenza: davvero egli è “presso il Padre suo”.

Gesù, rimasto nel tempio, ha voluto insegnare a Maria ed a Giuseppe di non essere loro esclusiva proprietà, rivendicando i diritti del Padre suo.

La Santa Famiglia è tutta qui: in un rispetto reciproco, ognuno al proprio posto, nello svolgimento fedele del proprio ruolo, realizzando la propria vocazione e obbedendo nel massimo grado alla volontà divina.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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