09 Nov

XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

10 novembre 2019

Lc. 20, 27-38

La vita cristiana si nutre della certezza di fede che Dio è Dio dei vivi e ci fa vivere anche oltre la morte. E’ questa l’affermazione centrale di Gesù nel vangelo di oggi, in risposta alla sfida postagli dai sadducei, i gruppi più influenti del popolo giudaico, che si presentano a lui con una serie di interrogativi.
Luca, come gli altri sinottici, mette in rilievo la loro intenzione malvagia di ‘coglierlo in fallo’ e di ‘toglierlo di mezzo’. Essi presentano a Gesù un ‘caso di coscienza’, quello di sei uomini che hanno sposato in successione la vedova del loro fratello, nell’intento di mettere in ridicolo la fede dei farisei circa la risurrezione e di invischiare Gesù nelle maglie di una sterile diatriba.
Lo scopo della domanda dei sadducei è evidentemente pretestuoso vuole mostrare come la fede nella risurrezione conduca a situazioni assurde e quindi debba essere rifiutata perché irragionevole.
La risposta di Gesù è tanto semplice quanto il caso era complicato. Egli annuncia – ecco la novità del suo vangelo!- che la vita da risorti sarà completamente diversa da quella terrena, e quindi non può essere oggetto di immaginazione secondo i parametri umani.
Gesù dunque, pur accreditando la posizione dei farisei circa la risurrezione, ne corregge e ne illumina l’immagine, mostrando che essa non porta a situazioni assurde, come prospettato ironicamente dai sadducei. Afferma che nessun uomo può determinare ciò che avviene nell’aldilà.
La risurrezione introdurrà un nuovo modo di vivere di fronte al quale lo stesso matrimonio non avrà più ragion d’essere, essendo una realtà legata al mondo presente e alla condizione mortale.
La risurrezione implica l’immortalità, dono dl Signore. Diventati “figli della risurrezione” – un semitismo che significa ‘partecipi di essa’ – avranno una nuova qualità di vita in quanto liberati da tutti gli impulsi che caratterizzano la fase terrena dell’esistenza.
Gesù cita il passo del roveto ardente, dove Mosè denomina il Signore come “Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”, esprimendo la convinzione che i patriarchi sono ancora vivi al di là della morte.
Ci sono dunque due modi di vedere Dio. C’è “il Dio dei morti” e c’è “il Dio dei vivi”annunciato da Gesù come buona notizia.
Credere e parlare di risurrezione non significa solo esprimere questa speranza di vita oltre la morte, ma adottare un modo di vivere oggi, qui sulla terra. Gesù vuole che il nostro sguardo sull’esistenza sia quello dei ‘figli della risurrezione’. Allora il vivere e il morire acquistano un altro senso, e possiamo ripetere con San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal. 2,20).

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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