02 Ott

XXVII Domenica Anno C

Gesù nel vangelo di oggi  offre alcuni insegnamenti per la vita quotidiana dei discepoli, riguardanti particolarmente la fede e il servizio.

L’esclamazione  “Accresci in noi la fede!” (v.6), indica la consapevolezza di una fede insufficiente e dunque il bisogno che la fiducia in Dio cresca in intensità e qualità.

Ciò che ancora manca alla fede dei discepoli – e di cui avvertono il bisogno – può essere colto lungo tutta la trama del vangelo di Luca.

La richiesta potrebbe nascondere anche lo scoraggiamento per la mancanza di risultati evidenti nel loro impegno di sequela di Gesù.

La risposta di Gesù : “Se aveste fede quanto un granello di senape…” è paradossale. La fede non si aumenta e non si misura quantitativamente. C’è o non c’è.

Con una delle sue immagini iperboliche, Gesù risponde ai discepoli che di fede non ne hanno proprio, perché se ne possedessero in quantità minutissima, quant’è piccolo un granello di senape, ne sentirebbero certamente la forza.

La risposta di Gesù prosegue con una parabola che sovrappone il tema della fede a quello del servizio.. Al termine di una giornata di duro lavoro il servo – quello di quei tempi – non poteva aspettarsi che il padrone gli dicesse di mettersi a tavola. Allo stesso modo Dio non ha obblighi davanti agli uomini: nella logica evangelica tutto è gratuità ricevuta e restituita, senza altre pretese.

Il servo è immagine di quanti hanno responsabilità nella Chiesa. Mettersi a servire dopo aver dopo aver ‘stretto le vesti ai fianchi’ è una imitazione del gesto del Signore  che “si stringerà le vesti ai fianchi e passerà a servirli” (Lc. 12, 37) .

Collegando le due parti del nostro brano evangelico potremmo dire che credere è accettare di essere ‘servi inutili’.

Gesù stesso, venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita in riscatto per molti (Lc. 22.24-27), fu trattato come un servo inutile, atteggiamento che anche il discepolo deve assumere con la gioia di vivere nella gratuità dell’amore.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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