29 Set

XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Dal Vangelo secondo Marco 9, 38-48

“…Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e  volevamo impedirglielo perché non ci seguiva”. Ma Gesù disse:”Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi…… Chi si scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettato nel mare……”

Nel nostro brano evangelico Gesù istruisce i suoi discepoli sullo stile che deve caratterizzare la vita della comunità, sui rapporti con l’estero e sulle relazioni all’interno. Nessuno può avere il monopolio della fede: chi riconosce e proclama Gesù come Signore non lo può fare che sotto l’azione dello Spirito santo. Anche al di fuori della comunità visibile. Il discepolo deve riconoscere e gioire del bene ovunque si manifesti: è sempre epifania di Dio che ama e che libera. I discepoli invece, incapaci di scacciare il demonio che affliggeva l’epilettico, proibiscono  di farlo ad un estraneo, che ci riusciva e questo solo perché ‘non li seguiva’. E la loro pretesa mette in risalto la loro pretesa di dominio e di potere.

Gesù invece vuole che si sappia anzitutto vedere il bene e si abbandoni la logica della concorrenza, che sembra animare tutti i gruppi religiosi, per aprirsi alla collaborazione in favore della libertà dell’uomo, a cui tendeva in ultima analisi anche l’esorcista oggetto della riprovazione di Giovanni, che incarna qui la mentalità dell’uomo dell’istituzione, che vuole sempre  confini netti e chiare indicazioni sull’esercizio del potere e dei carismi.

La seconda parte del nostro vangelo (vv.42-48) afferma con forza il valore della fede dei piccoli davanti a Dio e l’esigenza di evitare ad ogni costo una loro caduta. ‘Piccoli’ sono i fratelli più deboli e fragili della comunità. Sono gli umili e gli indifesi. La loro fede è un bene grande, e Gesù lo difende energicamente. Le sue parole sullo scandalo sono tra le più dure di quelle da lui pronunciate. Scandalizzare è coinvolgere gli altri nella propria rovina, è turbare la pace della loro fedeltà, è far da padroni sulla loro vita.  E Gesù non esita a impugnare la frusta:”E’ meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettano nel mare (v.42).

Un altro tema che Gesù affronta coi suoi discepoli per educarli alle severe esigenze della fede è quello dell’inestimabile valore del Regno:  è un tesoro così grande da richiedere le più grandi rinunce e da giustificare ogni sacrificio: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala…Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo…Se il tuo occhi ti scandalizza, cavalo…” (vv. 45-47). Fa impressione la scansione martellante di questi ordini severi. Sono l’invito accorato del Maestro a saper tagliare sul vivo per restare uniti a Lui. La posta in gioco è grande: è la ‘vita’, è il ‘Regno di Dio’, è la salvezza eterna.

Il linguaggio usato è certamente metaforico, ma serve bene, con la sua gravità e la sua forza provocatrice, a legittimare le scelte più laceranti qualora fosse in gioco il destino ultimo dell’uomo.

L’impegno con Cristo è cosa estremamente seria!

 

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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