XXVI Domenica anno C
Non viene riferito il nome dei primo dei due personaggi messi in scena dalla parabola. La sua identità è quella di un ricco egoista dalla vita gaudente.
Del povero, a differenza del primo personaggio, ci viene detto il nome, Lazzaro, che nella lingua ebraica significa ‘Dio viene in aiuto ’.
La morte di tutti e due i personaggi apre uno scenario sul mondo futuro, dove prosegue la contrapposizione tra i due.
Il rovesciamento di situazione, che mette il povero in posizione privilegiata, grazie all’intervento di Dio, rimanda al Magnificat.
La colorita descrizione del paradiso e dell’inferno, descritti come spazi separati ed incomunicabili, indicano due situazioni opposte: una di beatitudine, l’altra di tormento.
La situazione qui è capovolta rispetto alla terra, perché la logica di Dio è diversa da quella umana.
Tutto quello che dobbiamo sapere su noi stessi e sull’aldilà ci è ripetuto tutti i giorni ‘da Mosè e dai profeti’. E’ questo il motivo per il quale Abramo rifiuta ogni segno miracoloso che sia separato dalla fede e dall’obbedienza alla Legge. La conversione non ha bisogno di segni straordinari, basta ascoltare la Parola e metterla in pratica.
Il ricco ‘epulone’ e i suoi fratelli, avendo attaccato il cuore alla ricchezza, si sono comportati in modo sbagliato: la ricchezza e i piacere della vita hanno soffocato la Parola di Dio seminata nel cuore e le hanno impedito di cambiare la loto mentalità.
Come potrebbe un ricco essere toccato dal messaggio e dalla risurrezione di Gesù.
Luca risponde che il comportamento del ricco, nel presente, verso il fratello povero, condiziona il suo futuro, fino a trovarsi separato da Lazzaro da un confine invalicabile. Su questa strada invece il povero ottiene la salvezza, perché la sofferenza e il rifiuto di cui è vittima lo assimila a Gesù, la cui figura si profila chiaramente dietro a Lazzaro.
In questa parabola Gesù non denuncia tanto la ricchezza, ma la grettezza d’animo a cui l’assolutizzazione della ricchezza può portare.