20 Set

XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

20 Settembre 2020

“Sei invidioso perché io sono buono?….”

 Dal Vangelo secondo Matteo, Capitolo 20, versetti 1-16

Nella parabola che la liturgia chi propone oggi “Gli operai della vigna” possiamo distinguere due quadri:

vv.1-7: l’ingaggio degli operai. Tutto si svolge nell’arco di una giornata.

vv.8-15: la seconda parte si svolge la sera: Il padrone retribuisce gli operai cominciando dagli ultimi.

Il fatto che il padroni cominci dagli ultimi, che hanno lavorato un’ora solo, dando loro la stessa paga che dà a coloro che hanno lavorato 12 ore sotto il sole, è chiaramente provocatorio, è fatto in modo da provocare la reazione dei primi, giustamente indignati. Questi decidono di far sentire il loro disappunto al padrone della vigna (vv.11-12). Questi chiama fuori dal gruppo il più facinoroso (vv.13-15) e gli fa capire di non aver imbrogliato nessuno, avendo pagato quanto pattuito all’inizio della giornata.

Gli operai della prima ora vengono smascherati come invidiosi, e invidia significa letteralmente avere ‘l’occhio cattivo’ (v.15), cioè l’occhio di chi si domanda con rabbia: “Perché a lui e non a me?” “Perché a me come a lui, mentre io meritavo di più?”.  L’invidia acceca, impedisce di vedere i fratelli e anche il Dio misericordioso. Il rapporto con gli altri diventa giuridico e non solidale

Il padrone contrappone all’invidia degli operai la sua bontà.

La parabola si chiude in questo modo originale, e il suo messaggio si muove in questa direzione:

gli ultimi braccianti non ricevono la stessa paga dei primi perchè in un’ora hanno reso quanto gli altri in tutta la giornata; al borbottamento invidioso dei primi non viene contrapposto il merito degli ultimi, ma la bontà del padrone, che può dare anche senza merito ciò che gli altri si sono guadagnati.

Ed è proprio questo l’ insegnamento della nostra parabola: Dio agisce come il padrone della vigna, che ha avuto compassione di quei disoccupati e delle loro famiglie.

Il cuore del racconto sta proprio nelle parole conclusive del v.15 :”Sei forse invidioso perché io sono buono?”. Dio è buono. Questo è il messaggio che Gesù dà ai capi di Israele, che contestavano le sue attenzioni verso i pubblicani, le prostitute ed i peccatori in genere. I capi di Israele sono come quegli operai che hanno lavorato tutto il giorno, e brontolano: altro male della vita comunitaria è infatti la mormorazione, che provoca un malumore che finisce per provocare l’accusa vero gli altri.

Ma l’agire di Dio è, e sarà sempre, sorprendente, perché non corrisponde alle nostre anguste vedute.

La bontà di Dio che nasce dall’amore non è capita dagli operai della prima ora, non fu capita dai capi d’Israele, ma è difficile capirla anche a noi, perché segue una logica troppo diversa dalla nostra, che fatichiamo ad aprirci alla logica di Dio, mossa dalla bontà.

La conclusione :”Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi” (v.16) è chiaramente un’aggiunta dell’evangelista. Infatti il tema della parabola non sta nel fatto che gli ultimi passino davanti ai primi, quanto nell’uguaglianza di trattamento applicata sia ai primi che agli ultimi. Probabilmente Matteo ha aggiunto questa frase per far capire ai primi cristiani che la situazione tra Israele e i pagani si è rovesciata, una volta che questi hanno abbracciato la fede.

 

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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