15 Set

XXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

8 settembre 2019
Dal vangelo secondo Luca, Cap.14, versetti 25-33

“Chi non porta la sua croce non può essere mio discepolo”

Il Vangelo di questa domenica ricorda le condizioni richieste a chi aspira sinceramente a vivere da autentico discepolo di Gesù.
“Siccome molta gente andava con lui,Gesù si voltò e disse…” (v.25)Ci troviamo in cammino con Gesù; Egli è ancora oggetto di ammirazione da parte di molta gente che gli domanda se egli sia o no il Messia atteso.
“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”(v.26). E’ chiaro che questo linguaggio paradossale ci fa impressione. E’ possibile che Gesù, il quale prescrive di amare persino i nemici, si contraddica così tanto. Non è una contraddizione. Gesù esige un amore assoluto, che colloca le cose, gli interessi e persino gli affetti di questo mondo in secondo piano quando è in gioco l’interesse di Dio.
Non si tratta certo di negare gli affetti legittimi della famiglia, o l’amore per la propria vita, ma tutto deve essere subordinato all’amore di Cristo. Quando questa gerarchia dei valori è minacciata, non è possibile esitare: a prevalere dev’essere il servizio e l’amore a / di Cristo.
S.Gregorio Magno ha ben parafrasato questa esigenza radicale scrivendo:”Non è sufficiente lasciare le nostre cose, se non lasciamo noi stessi” (Omelia 32,10).
“Chi non porta la propria croce…”(v.27). La croce diventa una metafora per indicare tutti gli avvenimenti che, durante la vita, ci inquietano e ci procurano sofferenza. In questa prospettiva ‘portare la propria croce’ significa fondamentalmente entrare nelle intenzioni di dio, accettando generosamente gli avvenimenti dolorosi, certi che sono strumenti, mezzi provvidenziali per la nostra salvezza. Inoltre, per noi che viviamo dopo la Pasqua, tale espressione richiama l’immagine di Cristo, l’uomo dei dolori, che cammina a passo incerto sotto la croce.
A questa prima esigenza, se ne aggiunge un’altra “ andare dietro a Lui”, nel senso di essere discepoli di Gesù, vivere con e come lui, condividere il suo destino: camminare sulla via della croce. E questo atteggiamento non può essere transitorio o sporadico: bisogna essere pronti a donarsi in profondità, ad accettare i sacrifici che la sequela impone. E’ soprattutto necessario “essere pronti”(v.33) a rinunciare a tutto quello che si possiede per amore di Cristo.
Come il costruttore di una torre (v.28ss.), per non correre il rischio di andare incontro ad una grande delusione, accetta di fare tutte le spese necessarie, come il re, piuttosto che rischiare una disfatta totale, si rassegna a negoziare la pace… così chi aspira a divenire discepolo di Gesù, se non vuole perdersi, deve accettare tutti i sacrifici che tale scelta impone. La sequela è un’avventura affascinante, ma esigente!

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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