03 Set

XXIII Domenica anno B

Mc. 7, 31-37

Gesù usa un metodo nuovo e insolito  nella guarigione del sordomuto. Il dialogo è qui sostituito da gesti un po’ strani. E’ un modo facile e delicato di creare un contatto con l’altro, per fargli capire che c’è il desiderio di instaurare con lui un rapporto di intesa.

Il nostro episodio è riportato subito dopo la guarigione della figlia di una donna siro-fenicia, nella quale l’evangelista ha visto un’anticipazione del dono della salvezza ai pagani.

Anche il nostro miracolo avviene mentre Gesù svolge il suo ministero al di fuori del territorio palestinese.

Il racconto ha il suo centro nella parola di Gesù costituita da un solo verbo, riportato nella lingua aramaica e poi tradotto: “Effatà, cioè ‘apriti’” (v. 34). Gli fa eco un’altra parola, il commento stupito della gente: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (v. 37).

Se lo schema generale del nostro testo è quello tipico del miracolo: presentazione del malato, richiesta di intervento, azione di Gesù e risultato positivo, ci sono alcuni particolari da mettere in evidenza: Gesù porta il malato lontano dalla folla e compie gesti, come quello di mettergli le dita nelle orecchie e di toccargli la lingua con la saliva (v.33), di  guardare il cielo e sospirare prima di parlare (v.34).

Il fatto di compiere il miracolo in disparte può indicare un certo imbarazzo, dovuto al fatto di trovarsi in territorio pagano. E’ questa, forse, la causa per cui Gesù per la prima volta compie in miracolo ricorrendo a gesti molto simili a quelli usati dai guaritori dell’epoca. L’imposizione delle mani era inoltre il gesto con cui normalmente si invocava la benedizione di Dio su una persona.

Ma l’elemento fondamentale è quello religioso, espresso attraverso due segni. Il primo p lo sguardo elevato al cielo, da intendere come preghiera rivolta al Padre. Il secondo è l’atto fondamentale,  la parola efficace, che richiama l’ordine divino della creazione, che realizza quello che dice: “Sia la luce! E la luce fu” (Gen. 1,3).

Alla guarigione fa seguito il comando di non parlarne a nessuno. Sappiamo che a marco sta a cuore il s’segreto messianico’, ma vuol significare anche che la conoscenza di Gesù deve essere fatta per esperienza personale, non per interposta persona.

L’evangelista fa notare però che i pagani, contrariamente all’ordine ricevuto dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa…”.

L’evangelista mette in luce un paradosso: mentre Gesù tace e vorrebbe tenere nascosto il miracolo, proprio i pagani diventano annunciatori dei quella salvezza che egli ha mostrato con il suo gesto di guarigione.

section-icon

"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

Invia la tua Testimonianza