XXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
Dal Vangelo secondo Marco 7,1-8.14-15.21-23
La disputa sulla tradizione degli antichi e sulla purezza vera è uno dei rari esempi che Marco dà dell’insegnamento di Gesù (vedi anche Mc.2,1-3,6). Qui il punto centrale riguarda l’atteggiamento con cui il credente deve porsi nei confronti della legge e della sua osservanza. La comunità cristiana è chiamata a riflettere sull’osservanza autentica della legge e sulle esigenze della volontà di Dio.
Due sono le questioni affrontate. La prima (vv.5-13) che mette in discussione il valore e l’autenticità della tradizione degli antiche, la seconda, che riguarda più da vicina la comunità cristiana, e che costituisce l’insegnamento positivo circa la vera purezza.
Il confronto avviene in Galilea, ma ad incontrare Gesù è la rappresentanza ufficiale dell’autorità religiosa, sono cioè farisei e scribi provenienti da Gerusalemme.
Il comportamento disinvolto dei discepoli che non osservano alcune usanze/norme igieniche tornando dal mercato, provoca l’obiezione. Non si tratta evidentemente solo di una questione di galateo, ma importante è la motivazione sottesa: come popolo sacerdotale, Israele deve mantenersi puro e incontaminato per poter svolgere il suo compito. Se la legge, data da Dio, prescrive tali comportamenti, come mai i discepoli di Gesù se ne discostano e sembrano non curarsi affatto della sua osservanza? Come giustificare il loro atteggiamento indipendente nei confronti della ‘tradizione degli anziani’?
La prima risposta di Gesù critica proprio questa ‘tradizione’, che invece di essere al servizio dell’autentica interpretazione o della volontà di Dio, ne è divenuta un grave tradimento. (vv.6-12).
L’adesione letterale e formale alla legge rivela un cuore lontano dalla volontà di dio, che viene sostituiti da una tradizione umana che ne sconvolge il significato. Sono dunque gli scribi ed i farisei inadempienti nei confronti delle esigenze di Dio, non i discepoli!
Gesù non si limita però a denunciare le deviazioni di questa falsa religiosità, ma dà un criterio nuovo di valutazione della purezza: non ciò che entra nell’uomo, ma ciò che ne esce è causa di impurità (v.19).
Il pericolo della spiritualità farisaica consiste nell’aver sclerotizzato il rapporto con la legge, facendo perdere di vista il suo significato di liberazione e di pienezza di vita.
Ora la comunità dei credenti sa quale strada deve percorrere:è la via del cuore, inteso come luogo della decisione e della scelta. Non è dunque la legge che va abolita, ma la sua interpretazione legalistica ed esteriore. La Parola di Dio ha infatti come meta il cuore dell’uomo e tende a suscitare una risposta che sia di tutto l’uomo senza divisione tra dire e fare , tra esistenza e culto.