27 Ago

XXII Domenica Anno B

Il nostro brano si suddivide in due parti principali: la prima va dal 1° versetto al 13°, la seconda comprende i versetti 17-23, mentre i versetti 14-15 fungono da cerniera.

La prima parte prende le mosse da un comportamento dei discepoli aspramente criticato dai farisei, a cui Gesù risponde con parole forti.

La seconda parte ci porta nell’intimità di una casa, dove i discepoli chiedono spiegazioni a Gesù. I versetti 14 – 15 esprimono il pensiero di Gesù, che ha un valore universale: è infatti rivolto alla folla.

Ecco la domanda dei farisei che suona come un’accusa: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?” (v.5). Essi nell’accusare non attaccano Gesù direttamente, ma con diplomazia gli chiedono conto del comportamento dei suoi discepoli. Ma l’accusa vuole mettere in discussione lo stesso Gesù.

La risposta di Gesù porta la discussione sul valore dell’insegnamento farisaico. Dal fatto del non lavarsi le mani si passo al problema più generale della trasgressione della volontà di Dio in nome della tradizione.

Citando Isaia (Is. 9,13) Gesù denuncia la scollatura dei farisei fra preghiera e vita, fra parola e cuore. Essi si sono sostituiti a Dio e ne hanno travisato il pensiero e tradito le attese. E il loro errore è duplice: hanno sottratto a Dio il culto dovuto e hanno fatto passare per divina una legge che ha origine solo da cavilli: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini (v. 8).

A questo punto trova posto una più ampia e generale accusa di Gesù al mondo farisaico, versetti importanti (vv.9-13) ma omessi dalla liturgia.

Ciò che rende impuri davanti a Dio – afferma il Maestro – è soltanto il peccato, ma questo non esiste senza cattiva intenzione. I cibi non fanno che attraversare il fisico dell’uomo, senza intaccarne la morale. Sono piuttosto i visi ad inquinare l’esistenza dall’uomo e a turbare il suo rapporto con Dio e con il prossimo.

Il problema riguarda anche noi: se non stiamo attenti rischiamo di ripetere l’errore dei farisei.

Perciò Gesù richiama la ‘morale del cuore’, quella che attinge alle intenzioni e garantisce idee chiare e pulite.

La verità – asserisce il Vangelo – attinge alle sorgenti della Parola di Dio e del cuore retto.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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