XXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
dal Vangelo secondo Giovanni, Cap.6, vv.60-68
Siamo alla conclusione del discorso del pane di vita. Gesù ha parlato, ora tocca ai suoi uditori prendere una decisione. Il nostro brano mostra appunto l’effetto che le parole di Gesù hanno avuto sui suoi ascoltatori. Ma, se fino a quel momento erano stati i giudei a manifestare incomprensione e ostilità, ora sono i discepoli ad avvertire la durezza delle parole del Maestro. Notiamo però che i discepoli non sono i ‘dodici’, i quali, esposti alla stessa tentazione, rimangono fedeli. Essi sono legati alla persona di Gesù, anche se le sue parole sono ancora incomprensibili per loro.
Gesù affronta lo scandalo, ma come accade spesso non ne riduce l’intensità, la amplifica:”E se vedeste il Figlio dell’Uomo salire là dove era prima?” (v.62). In questa risposta, inattesa, Gesù vuole portare i suoi ascoltatori a riflettere ancora una volta sulla sua persona.
Come all’assemblea di Sichem il popolo era posto davanti ad una scelta che era per la vita o per la morte, così i discepoli ora sanno che cosa comporta mettersi alla sequela di Gesù: o vita o tradimento che conduce alla morte (v.64).
Gesù ora (v.67) si rivolge ai dodici, e anche loro sono posti di fronte a una decisione.
Pietro a nome di tutti risponde che andarsene da Lui sarebbe separarsi dal solo che può indicare loro la retta vita. Lui solo ha parole di vita eterna (v.63b). Quindi i dodici si distanziano da quei discepoli che hanno chiamato ‘duro’ il suo discorso, e sono pertanto decisi ad ascoltare ed accogliere le sue parole, posti dinanzi alla decisione se andarsene o rimanere, hanno scelto di continuare il loro cammino col Maestro.
Di fronte alle esigenze di Gesù la tentazione di ogni tempo è quella di abbandonare, di ritenere eccessive le sue richieste. A noi come ai dodici Gesù chiede anche oggi:”Volente andarvene anche voi?”.
Anche oggi la comunità dei credenti sperimenta tutta la fatica di rimanere accanto al suo Signore, eppure, come ogni situazione di crisi, anche la crisi della fede può diventare una possibilità di crescita, un momento favorevole di maturazione per una rinnovata e più consapevole testimonianza.
La Parola di Gesù ci obbliga ad uscire da noi stessi e dai nostri schemi:”E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla” (v.63); invita a superare la visione della ‘carne’ per vivere nello ‘Spirito’, cioè a non chiudersi nel contingente ma a puntare sull’eterno. Perché viene il momento per il credente in cui la fede chiede un affidamento radicale. Si tratta allora di ricominciare, sempre più spogli, ad ascoltare la Parola e ad affidarsi allo Spirito che ‘dà la vita’., la vita eterna.