
XVIII Domenica Del Tempo Ordinario – Anno C
Dal Vangelo secondo Luca 12, 13-21
Ci troviamo di fronte a un individuo che, credendo di essere stato danneggiato dal fratello, chiede a Gesù di fare il giudice in una questione d’eredità. La risposta di Gesù solleva un problema imbarazzante, perchè sembra che Gesù si rifiuti di trattare una questione di giustizia e voglia disinteressarsi di ciò che succede nel mondo. Ma il senso del suo agire è dato dal detto sulla cupidigia (v.15) e dalla parabola del ricco stolto (v.16ss.).
Sottraendosi al compito di arbitro nella controversia per l’eredità, Gesù ribadisce anche una profonda verità: l’uomo è troppo tentato di farsi giudice di se stesso, mentre solo Dio sa quanto vale davvero una persona, e solo Lui è il giudice che ha potere di dare o riprendere la vita.
Gesù non risolve i problemi con la forza obbligante della legge, ma comunica una sapienza, una visione della vita che affronta le grandi questioni dell’esistenza, smascherando false problematiche.
Egli rivolge a tutti un ammonimento con cui mette in guardi dalla cupidigia, poiché essa porta erroneamente a ritenere che le ricchezze rendano più sicura e piena l’esistenza.
Ebbene: la parabola del ricco stolto, nonostante abbia toni minacciosi, è vangelo, ‘buona notizia’ che indica la strada sicura verso la vita.
Il ricco è detto insipiente. La sua stoltezza sta nel fatto che egli ritiene di aver raggiunto il proprio obiettivo nel momento in cui ha accumulato enormi beni in vista di anni spensierati. (v.19).
Il punto centrale della parabola sta nel fatto che i calcoli del ricco speculatore si rivelano completamente sbagliati. Egli pensa di possedere anche ciò che per definizione non è disponibile: il tempo, il futuro, la vita. Di colpo tutte le sue speranze sono deluse. La morte che arriva improvvisa non è tanto un castigo , ma uno svelamento, un mostrare la fragilità delle sicurezze e del rifugio che il ricco aveva pensato di potersi assicurare.
La voce notturna è imbarazzante non solo per l’annuncio di morte, ma perché dimostra che di fatto nessuno è davvero padrone di quanto possiede: “E quello che hai preparato di chi sarà?” (v.20 c).
La parabola vuole portarci a cogliere una verità profonda: è stolto chi conta sulle ricchezze per guadagnarsi una felicità duratura. Ciò che importa davvero è il giudizio divino, l’unico che può assicurare la salvezza.