
XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Dal Vangelo secondo Luca: 10, 38-42
Affascina, nel nostro brano, la dimensione di Gesù che vive l’amicizia in modo profondo e libero, come si intuisce dal rapporto di Maria e Marta con Lui.
L’ostacolo maggiore viene da una lettura largamente praticata, che contrappone le figure delle due sorelle quale personificazione di due carismi: il servizio della vita attiva e il carisma della vita contemplativa, a tutto vantaggio di quest’ultima. Il risultato è che molti si sentono inevitabilmente lontani dall’ideale rappresentato da Maria, e simpatizzano invece per Marta, la quale sembra ai loro occhi ingiustamente rimproverata da Gesù.
Si impone la ricerca di un’altra interpretazione, più attenta al senso del testo evangelico.
Il brano di Marta e Maria va inteso prima di tutto alla luce del contesto precedente, in cui il buon Samaritano viene presentato come esempio di vero amore per il prossimo (Lc.10, 29-37). Poiché il lettore di Luca potrebbe rischiare di capire questa figura come l’esaltazione di una religiosità tutta opere e efficienza, l’evangelista sente il bisogno di collocare qui l’episodio delle due sorelle, per non essere frainteso.
Viene per prima presentata la figura di Maria, tratteggiata per contrasto con quella di Marta. Maria sta seduta ai piedi del Signore (v.39), nell’atteggiamento tipico del discepolo che ascolta il Maestro.
Ella incarna il ritratto del vero credente israelita, l’uomo dell’ascolto cantato dai Salmi . Chi ascolta la parola di Gesù è paragonato all’uomo che costruisce sulla roccia (Lc.6, 46-48), o al buon campo che porta molto frutto (8,15). L’evangelista suggerisce così la concentrazione di Maria sull’essenziale, il suo silenzio colmo di fiducia.
L’atteggiamento di Marta è invece quello di un lavoro frenetico, eccessivo. Tutta indaffarata per accogliere degnamente il Maestro, rivela però qualcosa di stonato che motiverà il successivo rimprovero di Gesù verso di lei, ed è qualcosa che trapela dall’ansia posta nei vari servizi (v.40).
Non bisogna però vedere qui la descrizione del temperamento di Marta, ma piuttosto l’accenno al fatto che ella sta perdendo di vista Gesù come centro del proprio servizio.
C’è dell’ironia nella descrizione lucana del rivolgersi a Gesù da parte di Marta: invece di stare ai piedi di Gesù, ella pretende quasi di possedere quasi una visione superiore delle cose e sembra dimenticare che al discepolo è chiesta umiltà e disponibilità ad apprendere. Marta non va da Maria a chiedere aiuto, ma si lamenta con Gesù, e anzi si sente non capita nemmeno da lui, e perciò lo rimprovera della sua presunta indifferenza (v.40).
Il forte ma affettuoso richiamo di Gesù a Marta (v.42), come viene evidenziato dalla ripetizione del nome, sposta il problema dal servizio a quello della preoccupazione agitata di Marta. Essa è qualcosa che occupa il cuore e diventa un guardare al futuro con ansietà. Il credente è invece colui che non si lascia schiacciare da essa, ma getta il proprio affanno nel Signore. La preoccupazione ingombra dunque il cuore di Marta e provoca un disordine interiore.
Maria ha scelto ‘la parte migliore’ non nel senso che ha preferito la vita contemplativa a quella attiva, ma perché ha deciso di porre a fondamento del proprio vivere la ricerca della volontà di Dio, la quale si rivela solo nell’ascolto attento della Sua parola.