11 Lug

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO “A”

Dal Vangelo secondo Matteo, Capitolo 13, versetti 1-23

 

Continua anche in questa domenica la catechesi su cosa significa ed esige l’essere discepoli di Gesù.

Nel vangelo la parola di Gesù rivolta alle folle in parabole, continua ad interpellare l’uomo e a ricrearlo a Sua immagine.

Con il capitolo 13 inizia il terzo grande discorso del vangelo di Matteo: appunto il discorso in parabole.

Il primo discorso (quello della montagna) annunciava la dottrina e il programma del Regno, il secondo (missionario) presentava le condizioni della predicazione del regno nel mondo: Il terzo descrive l’intima realtà del Regno di Dio già presente e operante nella vita della  chiesa.

Il discorso inizia in riva al mare (v.1): lì si raccoglie intorno a Gesù una folla tanto numerosa da costringerlo a salire su una barca: e dalla barca Gesù comincia a parlare in parabole (vv.2-3a).

La parabola del seminatore è quella che inizia la serie (vv.3-8).

Un seminatore sparge la semente. Il risultato della semina non dipende né dal seminatore né dalla quantità del seme, ma dalla natura del terreno su cui cade. In Palestina la semina avveniva prima dell’aratura, per cui al contadino non era possibile distinguere il buon terreno dal cattivo. La parabola vuole evidenziare il buon risultato della semina, che è sproporzionato ad essa (v.8), infatti solo una quarta parte giunge a maturazione e produce “dove il cento, dove il sessanta e dove il trenta”.

Il seme seminato lungo la strada e mangiato dagli uccelli simboleggia un ascolto superficiale, quello caduto sulle pietre denuncia un ascolto infruttuoso perché non perseverante, quella seminato tra le spine parla di chi si lascia distrarre e sedurre dagli idoli senza ingaggiare con essi una lotta spirituale. L’antichità cristiana ha sempre visto invece nel seme caduto sulla terra buona i martiri, che hanno vissuto in se stessi il dinamismo pasquale.

Gesù invita ad applicare la parabola alla propria situazione, e a domandarsi quale messaggio ci offra.

Non è chiaro se il seminatore sia Gesù , il Padre, o chi annuncia il Regno dei cieli.

Chi ascolta è comunque invitato ad essere un buon terreno, gli vien raccomandato di non deludere le speranze del seminatore.

Matteo si riferisce agli ascoltatori della sua comunità, e la parabola vuol dire loro che devono lasciarsi condurre all’incontro con Gesù in modo da portare frutto abbondante, agendo secondo la volontà di Dio. E’ facile lasciarsi entusiasmare dall’insegnamento di Gesù, ma bisogna trasferire nella vita ciò che Lui ha detto e fatto: si deve essere disponibili alla Sua chiamata, non ci si deve lasciar sviare da eventi transitori ed effimeri.

Matteo invita gli ascoltatori del suo tempo – e noi!- a diventare in modo sempre più vero, discepoli di Gesù.

La fecondità, il portare frutto, implica però una certa morte: il sacrificio della terra, secondo l’immagine della nostra parabola; la logica della croce non è comunque mai eludibile; il dolore è una realtà custodita nella fiduciosa accettazione del discepolato alla sequela di Gesù.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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