06 Ago

XIX Domenica – Anno B

Tutto il Capitolo 6 di Giovanni ci offre una stupenda catechesi eucaristica.

Per comprendere il contenuto del nostro brano, che si limita ai versetti 41-51, dobbiamo ricordare che Gesù aveva ricordato in precedenza di essere lui il vero pane di vita, quello disceso dal cielo, al cui confronto la manna era solo uno sbiadito anticipo.

Gesù si era dichiarato il pane disceso dal cielo e aveva concluso con le seguenti parole: “Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (v. 40). Dopo affermazioni tanto forti e solenni è comprensibile lo sconcerto dei presenti, che con una domanda fanno avanzare ancora il discorso di Gesù. Essi pretendono di conoscerlo solo perché possiedono alcune indicazioni anagrafiche su di lui (v.42).

Ma Gesù giustifica le sue affermazioni precedenti dichiarandosi l’inviato del Padre. E’ così delegittimata e dichiarata infondata ogni pretesa dei giudei di conoscere Gesù.

Gesù ‘viene’ nel mondo mandato dal Padre (v.39) e l’uomo ‘viene’ a Gesù on la fede e ‘mosso’ dal Padre (vv. 37. 44).

Nata dal discernimento e dall’esperienza del grande dono di Dio, cioè il suo amore narrato da Gesù Cristo, la fede si delinea nel quotidiano come adesione al Signore e si manifesta in scelte di amore, in un  farsi dono, in un narrare l’amore di Dio con la propria vita data nella solidarietà, nella condivisione, nella gratuità.

Gesù si definisce il pane disceso dal cielo, e dunque rivendica giustamente di poter comunicare la vita eterna, e conclude con l’audace affermazione che il pane che dà la vita è la sua carne (v. 51).

Il nostro testo termina a questo punto, sul baratro di un grande scandalo.

Sappiamo dal seguito del vangelo che Gesù darà una risposta dura, senza sconti. Qui forse si capisce meglio l’azione del Padre: aiutare ad accogliere Gesù così come si presenta, nella sua dura realtà.

Ne seguirà la defezione dei più, ma anche la bella professione di fede di Pietro che riconosce a Gesù “parole di vita eterna”.

Con le realtà divine è sempre così: si capiscono perché si amano, contrariamente alle cose umane, che si amano perché si capiscono.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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