27 Feb

VIII Domenica Anno C

Lc. 6, 39-45

l brano di Luca si articola attorno a tre immagini: l’occhio, l’albero, il tesoro. “perché guardi la pagliuzza, perché indaghi l’animo del fratello, perché ti ostini a cercare le ombre anziché la luce?” Questo bisogno di godere delle debolezze o delle fragilità altrui, non è uno sguardo buono e rischia di rendere sterile il nostro cuore. È lo sguardo di chi soffre, troppo spesso, di inferiorità e  sente il bisogno di delegittimare l’altro.

E accade che il giudizio che io do sull’altro rischia di cambiarmi il cuore, lo sguardo, la visione stessa del vivere insieme. Se il mio sguardo è viziato difficilmente l’altro mi suscita stima e fiducia e dentro di me maturano il sospetto, la diffidenza, la paura. L’altro diventa il nemico che mi impaurisce, perché io proietto su di lui le mie frustrazioni e le mie paure, a volte vere ma troppe volte inventate, non vere, quasi sempre ingiuste.

È la paura dell’altro, magari il diverso, magari il forestiero, magari perché ha un altro colore e parla un’altra lingua, prega Dio in modo diverso dal mio; ma alla fine sospetto anche del mio vicino di casa, del mio compagno di lavoro, e forse anche dei miei parenti…

Gesù oggi ci regala una grande certezza: viene a dirci che “l’uomo buono, dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene”.  Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi di argilla, cioè custodito nella fragilità del nostro essere e del nostro vivere. Capire allora, che il nostro primo tesoro è proprio il nostro cuore: ”Un uomo vale quanto vale il suo cuore” insegnava Gandhi.

Accade come con gli alberi, l’albero buono, piantato su un terreno buono, irrigato con acqua pulita produce inevitabilmente frutti buoni, ma se l’albero è buono  però, piantato su un terreno inquinato, irrigato con un’acqua torbida non darà frutti buoni.  Custodire sana la terra su cui viviamo, custodire pulita l’acqua di cui ci dissetiamo, custodire buona l’aria che respiriamo è importante e doveroso per la salute nostra e dell’umanità.

Ma dobbiamo avere molta cura anche di ciò che nutre la nostra mente, il nostro cuore .

Liberiamoci allora dallo sguardo maligno, ma liberiamoci anche da tutto ciò che non è verità, che sa di menzogna, che alimenta la cattiveria, il disprezzo dell’altro, il rifiuto dell’altro.

Il giorno del giudizio il dramma saranno le nostre  mani desolatamente vuote, senza frutti buoni, senza gesti di amore offerti alla fame e alla fragilità dei fratelli.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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