18 Mag

V Domenica di Pasqua – Anno C

Giovanni 13, 31-35

 

Il Capitolo 13 apre la seconda parte del vangelo di Giovanni, e fa da “cornice narrativa” nella quale si svolge il lungo “discorso di addio” che va dal Capitolo 13 al capitolo 17.

La scena si apre con l’uscita di giuda dal Cenacolo. Giuda non ama, e rifiutando la luce si condanna alla notte. Comincia qui il “discorso di addio” di Gesù. Il genere letterario è noto alla letteratura giudeo-ellenistica: un personaggio famoso che sta per lasciare i suoi, guarda al passato e al futuro, annuncia la sua separazione e comunica la sua volontà, che andrà eseguita dopo la sua morte. La novità dell’ ‘addio’ di Gesù sta nel fatto che egli non si separerà definitivamente dai suoi, ‘non li lascerà orfani’

“Gesù disse: ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in Lui” (versetto 31). Come il padre è glorificato nel Figlio? Con la sua esaltazione sul trono regale della croce, quando scocca la sua “ora”. Gesù infatti comincia ad essere glorificato con l’inizio della sua passione che tende al calvario: La gloria di Dio si manifesta nel dono dello Spirito Santo, che avverrà in seguito all’innalzamento di Gesù sul trono della croce.

“Figlioli, ancora per poco sono con voi”.(v. 33). Con queste parole inizia il ‘discorso di addio’ propriamente detto. Solo qui il Maestro si rivolge ai suoi amici chiamandoli ‘figliuoli’. Questo termine esprime tutto l’amore e la tenerezza che Gesù ha per i suoi discepoli.

Al versetto 34 Gesù, che sta per lasciare gli amici che formano la sua famiglia, si premura di esortarli ad amarsi profondamente, affinché possano vivere nella pace, e in tal modo renderGli testimonianza.

L’amore cristiano non è frutto di sforzo umano, di imposizioni, ma nasce dal sapersi amati, sorge dal dono dello Spirito; è un amore che supera l’interesse, il calcolo, e diventa dono di sé che rimane tale anche quando non c’è reciprocità; per questo può estendersi anche ai nemici. E’ interessante notare che già il libro del Levitino (Cap.19 ,v.18) prescriveva di “amare il prossimo come se stessi”, ma il Vangelo di Giovanni parla di amare come Gesù ci ha amati, cioè fino a dare la vita per loro! Ma si può comportare come Gesù ( o almeno tentare di farlo), solo se si ‘rimane in Lui’. Per san Giovanni il comandamento dell’ amore indica un modo di vivere: Giovanni traccia una via –quella dell’amore- nella quale si deve camminare incessantemente.

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”(v.35). Quando è stato scritto il IV Vangelo Gesù non era più visibilmente sulla terra, e quelli che si dicevano suoi discepoli erano dispersi in mezzo alla società romana. Come si potevano allora riconoscere? Giovanni dà un criterio: il loro stile di vita basato essenzialmente sull’amore fraterno.

Dunque non basta fare belle dichiarazioni sull’ideale della carità fraterna. Occorre piuttosto dare – singolarmente e com’unitariamente- testimonianza di una vita tuta impregnata di reciproco amore. Nessun altro segno può sostituire questo per identificare il cristiano: né riti, né leggi. Esistono cristiani quando ci sono uomini di cui si possa dire: “Guardate come si amano!”. Il Vangelo e tutto il Nuovo Testamento non conosce altri segni che permettano di identificare i cristiani, e questo segno resta valido per tutti i tempi!

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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