02 Mag

V Domenica di Pasqua Anno B

“Io sono la vera vite”

Dal Vangelo secondo Giovanni, Capitolo15, versetti 1-8

Il tema dominante del nostro brano – vi ricorre ben 10 volte-, è il ‘rimanere in’ Gesù.

Come i tralci vivono e portano frutto solo se in essi scorre la linfa del ceppo, così i discepoli potranno portare frutti di vita e di salvezza, a patto che rimangano vitalmente uniti a Cristo.

Nei versetti 1-4 il Maestro parla soprattutto della relazione che intercorre tra lui, il Padre e i discepoli, raffigurati dai tralci.

Nella seconda parte è sottolineata la relazione tra Gesù e i suoi amici.

Sappiamo bene quanto fosse forte per Israele la metafora e l’immagine della vigna.

Si potrebbero passare i rassegna moltissimi testi per scoprire tutte le angolature e le risonanze del simbolo messianico della vite, che Gesù ha fatto propria e porta a compimento. Egli infatti è il nuovo Israele la ‘vera vite’. Bisogna perciò entrare in lui e aderirgli vitalmente per succhiare la linfa e restare tralci vivi che portano frutto abbondante. Il portar frutto dipende dal rapporto personale dei discepoli con Gesù. Dietro il simbolo del tralcio secco e arido, perso ai bordi del campo, c’è il mistero del rifiuto che l’uomo può opporre alla vita e all’Amore, c’è la vicenda del confronto tra la luce e le tenebre.

Ma anche per i tralci verdeggianti è necessaria la potatura (v.2). E’ la purificazione necessaria che Dio compie per avere una  chiesa ‘senza ruga e senza macchia’ (Ef.5,27).

Al v.5 inizia la seconda parte del nostro brano, in cui Gesù dichiara di essere “la vite”. Gesù, per inculcare la necessità dell’unione intima con Lui ricorda ai discepoli che senza di lui, essi non possono fare nulla.

Il v.6 “ Se uno non rimane in me…” ci riporta al pensiero del giudizio (o ‘collaudo’), che non deve essere considerato fuori moda, perché è un evento a cui prima o poi tutti saremo sottoposti.

Il rimanere in Cristo è fondamentale per ‘rimanere con’: con i fratelli in famiglia, in comunità, nella chiesa. L’amore non è esperienza di un momento ma deve diventare storia, relazione duratura.

L’innesto nella vite-Gesù è avvenuto per noi col battesimo. Ma esso deve essere continuamente accolto e accettato attraverso una costante adesione di fede a Lui. Solo così i nostri sentimenti diverranno gli stessi del Signore, e la nostra preghiera sarà esaudita (v.7):”Se rimanete in me, e le mie parole rimangono in voi, domandate quelle che volete e vi sarà dato”.

E questo avverrà perché non sapremo più chiedere altro che l’unico vero bene: che la volontà di Dio si compia in noi.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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