07 Mag

V DOMENICA DI PASQUA A

Gv.14,1-12

Il vangelo di oggi è uno stralcio di un discorso molto lungo che Gesù fa nel vangelo di Gv durante l’ultima cena.
Giuda scappa e i discepoli, sono in preda alla paura e al terrore.
Sentono che sta per succedere qualcosa di terribile, di irreparabile e si sentono persi. Pietro inizia a dirgli: “Signore, dove vai?” (13,36). Tommaso dice: “Signore non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” (14,5). Filippo: “Mostraci il Padre e ci basta” (14,8).
Sono cuori pieni di paura.
Il verbo greco turbare indica una profonda agitazione: è la tempesta.
E’ per questo che i discepoli si pongono molte domande: “Che ne sarà di noi? Cosa ci accadrà? Dove andremo a finire? Finirà tutto? E tutto quello che c’è stato? Ci siamo sbagliati a credere in Gesù?”.
I discepoli vorrebbero delle certezze: “Dicci la strada… dicci come fare… dacci regole chiare… dicci dove andare, cosa fare, cosa essere, e noi lo faremo… facci vedere Dio e non avremo più dubbi… (14,5.8)”.
In questa situazione Gesù risponde: “Non abbiate paura. Abbiate fiducia in me e in Dio” (14,1).
Questo è l’amore! L’amore è la fiducia certa e sperimentata. Poi Gesù dice: “Nella casa del Padre mio ci sono molti posti” (Gv.14,2).! Gesù non ci va a preparare un posto in paradiso ma ce lo ha preparato qui con la sua croce! La casa del Padre è Gesù stesso.

Infine interviene Filippo «Mostraci il Padre, e ci basta».
È bello che gli Apostoli chiedano, che vogliano capire, come noi.
Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre. Guardiamo a lui per capire Dio!
Guarda come ha vissuto, come ha amato, come ha accolto, come è morto e capisci Dio.

La domanda che Gesù fa a Filippo, la rivolge a noi oggi: “Da tanto tempo sono con te e tu non mi hai conosciuto?” (v. 9).
Il vangelo si conclude così: “Voi farete quello che compio io e cose più grandi” (14,12).
La maggior parte di noi non crede a questo: “non scherziamo. Gesù è stato Gesù! e io sono io”.
Eppure sono parole di Gesù tanto quanto le altre. Se le ha dette vuol dire che sono vere.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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