
Solennità di Pentecoste – Anno C
Gv. 14, 15s. 23b- 26
La riforma liturgica voluta dal Vaticano II ha riportate il tempo pasquale alla sua forma originale: una festa di cinquanta giorni , come significa appunto il termine Pentecoste.
La Pentecoste si presenta come la festa dell’universalità nell’impegno dell’annuncio del Vangelo.
Nei versetti del vangelo di oggi sono riprese tre promesse di Gesù che si riferiscono chiaramente alla sua presenza nella vita dei credenti, una presenza dai riflessi trinitari.
Si tratta di un dinamismo che vede Padre, Figlio e Spirito che comunicano tra loro in un unico atto d’amore che coinvolge i credenti nel cammino della loro esistenza fino all’eternità, cioè sempre e per sempre.
Colui che è venuto nella carne prende stabilmente dimora in ogni persona. In Giovanni il dono al v.16 di ‘un altro’ Paraclito da parte del Padre fa da contrasto con la partenza (‘la dipartita’) di Gesù.
Il termine indica una figura di intercessione e di mediazione, molto vicina a quella del moderno ‘avvocato difensore’.
L’espressione ‘paraclito’ ricorre spesso in Giovani ed in 1 Gv.2,1-2 è chiarissimo che si riferisce a Cristo esaltato quale intercessore dei cristiani. Dunque Gesù e lo Spirito condividono questo titolo, ma nel senso che unica è la dinamica per la quale il sacrificio di Gesù rivela la costante presenza consolante e amante della Trinità.
La promessa del ‘secondo’ Paraclito apre lo sguardo del credente verso un’altra grande promessa: il ‘prendere dimora’ del Figlio con il Padre presso chi crede. Non c’è dunque più nessuna separazione tra l’uomo e Dio.
Ognuno che sia aperto al mistero del Dio dell’amore diviene tabernacolo, dimora della Trinità.
Al v. 25 Gesù ritorna sul tema della sua dipartita. E’ qui svelata un’altra missione del Paraclito, quella di ‘ricordare’, di sostenere la memoria dei discepoli sulle promesse del Cristo. Nel vangelo di Giovanni ‘ricordare’ significa la capacità dei discepoli di capire il vero significato della parole e delle opere di Gesù dopo la sua risurrezione.
Il vangelo di oggi ci fa capire come il dono dello Spirito, al quale partecipiamo soprattutto nel battesimo, nella cresima e nell’eucaristia, è la nostra Pentecoste personale perché possiamo vivere dell’amore di Dio che inabita in noi.
Così i discepoli sono intimamente trasformati per poter prolungare nel mondo la missione del Figlio, e il loro cammino sarà guidato dallo Spirito che insegnerà loro ogni cosa e li manterrà disposizione di un progetto che non nasce da loro ma viene dall’alto.