IV Domenica di Quaresima anno C
Dal Vangelo secondo Luca15,1-3.11-32
Questo non è il racconto di una ‘crisi’, ma è la storia di un ritorno.
Possiamo suddividere il nostro brano in tre scene:
I scena, il cui vertice è nella decisione del figlio: “mi alzerò e andrò da mio padre”; Il figlio è solo. Comincia qui la conversione come nostalgia. La sua confessione è di aver peccato contro Dio (= il cielo) e contro l’uomo (ogni uomo!). (v.18), Si alza, ‘risorge’, si mette in cammino.
II scena, dominata dal padre che spia la strada deserta, che spera contro ogni speranza. Nella fatica sofferta di ‘convertirsi per ritornare’ non si vaga senza meta: un Padre veglia per accoglierci a quel pranzo in cui egli stesso ci servirà (cfr.Lc.12,37). I gesti del padre sono di una ‘tenerezza viscerale’; l’abbraccio e i baci sono segni di perdono e di riconciliazione. La vera conversione del figlio minore sta proprio nel lasciarsi amare!
E’ il perdono che suscita il pentimento, non il contrario.
L’ultima scena (vv.25-32) delinea il fratello maggiore, soddisfatto per la sua onestà, che ritiene la conversione una necessità solo per gli altri (come il fariseo di Lc.18,11-12): egli è fermamente convinto di essere creditore nei confronti del Padre. All’amore del Padre egli oppone la logica del ‘dovere’: egli è mosso – anzi è reso immobile- da questa mentalità sbagliata, dalla logica che vede la religione come una serie di ‘prestazioni’.
Se riflettiamo sul figlio maggiore ci rendiamo conto quanto sia difficile tornare a casa da un calcolato sdegno che ha messo le sue radici negli angoli più riposti del nostro essere.
Solo con Dio il figlio maggiore che è in noi sarà capace di tornare a casa, di lasciare che il Padre guarisca anche lui.
Tutta questa parabola è un inno alla riconciliazione, che è il bisogno fondamentale dell’uomo peccatore, un bisogno irrinunciabile di un Padre che ama.
Un noto filosofo e mistico russo scriveva:”Esiste un desiderio umano di Dio, ma anche un desiderio dell’uomo. Dio è il desiderio più grande dell’uomo. Ma l’uomo lo è altrettanto per Dio. Dio ha bisogno dell’uomo, Dio vuole che non soltanto Egli, ma anche l’uomo sia l’amato e l’amante”.
La riconciliazione è quindi un dialogo d’amore restaurato.
La gioia pasquale è vicina, e la liturgia di oggi ci invita a condividere la gioia del Padre. Anche noi, come il popolo d’Israele che entrava nella terra promessa, siamo chiamati a vivere il passaggio della riconciliazione che ci donerà un’esistenza nuova.
Questo passaggio è possibile se accettiamo che i due figli coabitino in noi: solo allora potremo entrare nel ‘ritmo salvifico’ della parabola. Solo il perdono accolto da Dio e offerto ai fratelli ci introduce nella terra promessa per celebrare la Pasqua.