18 Gen

II Domenica – Anno A

19 gennaio 2020

Dal Vangelo secondo Giovanni, Capitolo 1, versetti 29-34

Quando scrive il suo vangelo, Giovanni il teologo sa che Gesù ha meritato il titolo di “Agnello di Dio” in forza della sua passione e della sua morte.

L’incontro tra Gesù e il Battista si verifica a Betania al di là del Giordano (non la Betania di Marta, Maria e Lazzaro), è la località che ricorda l’entrata del popolo ebreo nella terra promessa (Gs.3,16). Così il battesimo di Giovanni prepara all’ingresso in una nuova terra, la terra della Nuova alleanza dove il peccato e rimesso e vinto definitivamente.

“Giovanni rese testimonianza dicendo…” (v.32). Quello della testimonianza è uno dei temi fondamentali del vangelo di Giovanni, che lo usa per esprimere l’attuazione della missione dei credenti (non dimentichiamo che tale termine, in greco, suona ‘martirio’!). Per capire allora cos’è la testimonianza, bisogna rifarsi al testimone per eccellenza, Gesù stesso, la cui missione è stata quella di testimoniare il Padre. Per Gesù testimoniare significa far conoscere chi è e da dove viene.

Alla testimonianza di Gesù, corrisponde quella che di Lui devono dare i discepoli. Primo discepolo, e modello degli altri, è appunto il Battista, che, attraverso la sua testimonianza, conduce coloro che lo seguono al discepolato nei confronti di Cristo.

Il culmine della sua testimonianza è dato proprio dall’episodio narrato dal vangelo di oggi:”Io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio” (v.34).

Il discepolo deve diventare, come Giovanni, una voce, l’amico che, quando sente lo sposo arrivare, vuol diminuire perché lo sposo cresca.

Giovanni indica in Gesù l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Tale termine ci richiama la pasqua: nel Quarto Vangelo infatti , nel racconto della passione, Gesù è presentato come l’agnello pasquale al quale non vengono ‘rotte le ossa’ Gv.19,36). Così come l’antico agnello pasquale, con il suo sangue sparso sulle porte, aveva preservato Israele della distruzione, nella notte dell’esodo, così il sangue di Cristo distrugge il peccato e introduce nella salvezza.

Il secondo titolo con cui Giovanni chiama Gesù è “colui che esiste prima”. L’espressione “era prima di me”(v.30) ci rimanda al Prologo del quarto vangelo, in cui Gesù è chiamato Verbo che “esiste fin dal principio presso Dio”(Gv.1,2).

Infine Gesù è definito come “Colui sul quale scende e rimane lo Spirito”(v.33). Cristo è colui che, avendo ricevuto lo Spirito pienamente, è in continua relazione col Padre, ed è la Sua una relazione filiale: Proprio perché “Figlio”, egli riceve lo Spirito in pienezza e potrà donarlo a chi crede in Lui, potrà cioè immergere il credente nella stessa ‘sfera’ di Dio, che è appunto lo Spirito santo, il solo che può renderci “figli nel Figlio”.

 

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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