12 Ott

XXVIII Domenica Del Tempo – Anno C

Lc. 17, 11-19

 

Narrando l’incontro dei lebbrosi con Gesù e la loro guarigione, il vangelo che la liturgia ci propone oggi si concentra sulla gratitudine di uno, che è un samaritano, uno straniero. Anche oggi, spesso, chi invece si dichiara cristiano non è capace di riconoscenza.

I dieci lebbrosi ‘si fermano a distanza’ si tratta di una cautela che ai tempi di Gesù veniva imposta agli affetti da lebbra, poiché la società, invece di prendersi cura di quegli ammalata, si preoccupava di proteggere i sani da possibili contagi.

Era pertinenza dei sacerdoti fare la diagnosi, prescrivere l’isolamento del malato e ordinare il rientro nella convivenza umana una volta constatata la guarigione.

I dieci lebbrosi del vangelo entrano in contatto personale con Gesù. Il suo intervento si limita ad un comando: “Andate e presentatevi ai sacerdoti. La guarigione è avvenuta progressivamente durante il viaggio, dopo che quegli ammalati si sono messi in cammino obbedendo alla Parola di Gesù.

Gesù offre la salvezza a tutti, ma solo uno dei dieci guariti sembra essere consapevole del dono ricevuto, e ciò gli apre il cuore alla fede.

Il lebbroso guarito torna dal Maestro: egli ha compiuto un cammino che l’ha portato dalla fiducia iniziale (“Abbi pietà”) alla fede.

Il comportamento di questo samaritano attesta che Dio ha spazi infiniti per il suo agire.

Secondo la teologia dell’evangelista Luca, salvezza non è guarire dalla lebbra, ma affidarsi a colui che guarisce con l’obbedienza della fede. Solo lo straniero è entrato in questa logica, ed è l’unico a darne testimonianza.

Ciò coincide molto bene con la tesi lucana dell’offerta divina della salvezza delle nazioni, ed apre verso la missione universale annunciata da Gesù e affidata agli Undici e realizzata nel tempo della Chiesa.

 

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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